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Se soffri di anoressia è colpa di tua madre: è vero?

Scritto da Dott.ssa Giuliana Lobascio | 25-mag-2022 13.21.41

3' di lettura

Spesso si sente dire che se si soffre di Disturbi del Comportamento Alimentare allora la colpa è dei propri genitori, della propria storia famigliare o del complicato rapporto con la propria madre.

Ci si chiede allora ma è vero? È vero che una madre possa essere la causa dell'anoressia del/della proprio/a figlio/a?

Ci piacerebbe poter rispondere si o no, eppure non sarebbe giusto identificare nella
relazione con la propria madre o con il proprio padre “l’origine e la causa di tutti i mali”.

Rispondere semplicemente SI! o NO! risulterebbe troppo riduttivo, nonché errato, poiché
non considera quanto complessa e multidetrminata sia l'anoressia come anche gli altri Disturbi del Comportamento Alimentare.

Non è una semplice equazione:

sta male perché ha un pessimo rapporto con la madre

Oppure

certo, con due genitori così…

O ancora

con quel padre lì sarebbe stato inevitabile…

 

… Non funziona così!

La disperazione e l’enorme portata di questo dolore attiva, comprensibilmente, un forte
bisogno di cercare e trovare risposte immediate a grandi “perché?”.

Ci si illude che “trovando la risposta giusta” tutto tornerà “al posto giusto”! Tuttavia, questo è assolutamente fuorviante.

Soffrire di un Disturbo del Comportamento Alimentare è molto più di “problemi con il cibo”,
“vuole essere solo magr*” e non troverebbe soluzione attraverso “semplici” risposte, magari ricercate in luoghi errati (uno di questi sono siti internet poco affidabili!).

Molto più utile sarebbe poter riflettere assieme a chi soffre di tale disagio e assieme alla
sua famiglia sui fattori che potrebbero aver contribuito alla genesi della sofferenza. Si tratta di un lavoro personalissimo che non può essere standardizzato e reso uguale per
tutti.
Ognuno di noi è diverso, unico, con la propria storia e il proprio bagaglio che trascina
durante il suo lungo viaggio.

La psicoterapia aiuta a ripercorrere la propria storia, a cercare delle risposte (non una
risposta!), ma soprattutto aiuta a dare un senso a ciò che è stato e a ciò che è oggi.
Le risposte saranno inevitabilmente tutte differenti e fortemente soggettive.
Ciò significa che all’interno di un percorso di terapia si potrà scoprire che alcune
dinamiche o alcune relazioni magari con la propria madre o il proprio padre, più in
generale con le figure di riferimento, potranno esser state fonte di dolore o generatori di
nuclei irrisolti, ma non lo si potrà dire a priori, senza aver creato uno spazio di ascolto e di
riflessione assolutamente unico.
Ciò che è frattura e ferita per qualcuno potrebbe non esserlo per qualcun altro.
Dare delle risposte categoriche non rispetterebbe l’unicità di ognuno, la propria storia, le
proprie risorse, i fattori di rischio e gli eventuali eventi traumatici vissuti.