12' di lettura
Cinquant’anni fa la maggior parte dei pazienti non aveva accesso a informazioni inerenti all'ambito della salute e Internet non era ancora disponibile. Oggi, invece, siamo tutti abituati ad un mondo iper connesso, dove le informazioni sono a portata di click.
Il paziente di oggi si documenta online: quando si accorge di avere un sintomo insolito o per scoprire cosa aspettarsi dall'esame EGC prenotato mercoledì alle 14.00 al centro diagnostico vicino casa, si rivolge al cosiddetto Dott. Google per reperire le informazioni di cui ha bisogno, prima ancora di rivolgersi al proprio medico.
Il medico, sopratutto quello di base, rimane comunque uno dei primi punti di contatto e fonte di informazione affidabile, tuttavia Internet è diventato un nuovo strumento di informazione sempre più importante.
In questo contesto il peso dei social media e del web per la comunicazione sanitaria in ambito digitale è cresciuto in modo consistente tanto da chiedersi: se l'informazioni sulla salute avviene sempre più spesso online, quale deve essere il ruolo delle istituzioni e in che modo i medici possono prendere attivamente parte ai discorsi sulla salute che avvengono sui principali motori di ricerca e social media?
Ne abbiamo parlato con Eugenio Santoro, membro del Comitato Scientifico di Ihealthyou e esperto in Digital Health, che da diversi anni si interroga su queste problematiche.
Possiamo sì parlare di un modello, ma dobbiamo fare molta attenzione al modo in cui ne parliamo. Le nuove piattaforme, in particolare TikTok, hanno portato nuovi modi di raggiungere ed informare le persone.
Sono diversi gli studi che negli ultimi mesi dimostrano come sia difficile saper comunicare argomenti di tipo medico scientifico su TikTok.
Ad esempio, i risultati pubblicati sul Journal of Medical Internet Research di una ricerca effettuata per valutare la qualità dell’informazione su TikTok, hanno evidenziano che i video pubblicati dagli operatori sanitari sono risultati essere quelli con meno “like”, meno commenti e meno condivisioni.
Infatti, nonostante la presenza di alcune istituzioni sanitarie (come OMS), il loro volume di ascolti è basso, probabilmente perché non utilizzano un linguaggio che è proprio della piattaforma.
Bisogna trovare un compromesso fra quelle che sono le potenzialità dello strumento e la credibilità dell'istituzione.
Sebbene la qualità complessiva delle informazioni su TikTok sia accettabile, TikTok potrebbe non soddisfare pienamente le esigenze di informazioni sanitarie degli utenti e dovrebbero prestare attenzione quando utilizzano TikTok come fonte di informazioni relative alla salute.
Da studi svolti e da altri che stiamo conducendo in questo periodo, vediamo confermati diversi fatti: una presenza di fake news piuttosto accentuata, una limitata presenza di istituzioni e soprattutto un coinvolgimento da parte dell'utenza molto più orientata verso chi sa fare “confezionare bene dei video” su TikTok ma che spesso non è non è del mestiere sanitario.
L’obiettivo non è far sì che l'istituzione utilizzi un linguaggio non consono alla sua natura, bensì riuscire a diffondere i video: credo che il problema non sia tanto farli ma sia quello di diffonderli.
Quanto la scarsa diffusione dei contenuti sia legato al fatto che, le istituzioni e i professionisti, non utilizzino appieno gli strumenti messi a disposizione da TikTok o quanto gli utenti di TikTok diffidino delle istituzioni, è difficile dirlo.
Forse, per, alcune campagne, il coinvolgimento di influencer che abbiano “a cuore il problema” potrebbe aiutare a diffondere meglio i messaggi delle istituzioni.
L’utilizzo di TikTok, o in generale del social media, deve far parte di una strategia di marketing e di comunicazione ben delineate. Infatti, dovrebbe essere organizzata una campagna di comunicazione più ampia avendo ben chiari quali sono gli obiettivi, le modalità, i tempi e gli strumenti da impregnare.
Bisogna abbandonare l’idea di pubblicare post estemporanei ma creare progetti ad-hoc.
Le fake news impattano sulle decisioni di molte persone e per questo motivo sono da considerarsi molto pericolose quando riguardano tematiche legate alla salute e spesso non è facile distinguerle tra milioni di informazioni.
La disinformazione in ambito medico può avere risvolti drammatici, per questo motivo, le aziende che si occupano di salute per arginare il fenomeno delle fake news dovrebbero dotarsi di personale competente.
Spesso chi scrive di queste cose sono persone che hanno scritto fino al giorno prima di cronaca, spettacolo o costume.
Su queste tematiche è importante che chi è chiamato a scrivere conosca gli argomenti di tipo medico scientifico.
Questo vale sia per media tradizionali sia per la comunicazione sui i social media dove a queste competenze devi aggiungere ovviamente anche le competenze di chi sa scrivere e utilizzare i social professionalmente.
Bisogna quindi dotarsi di comunicatori scientifici che sanno operare bene anche sulle piattaforme di social media.
È sempre difficile, da parte di chi è del settore, quindi medico e ricercatore, calarsi nei panni di chi lo deve ascoltare. Sicuramente uno sforzo da parte loro è richiesto, soprattutto nel cercare di utilizzare un linguaggio più semplice.
È difficile poter utilizzare un linguaggio che si adatti bene allo strumento e devo dire che in Italia in questi due anni, tra alti e bassi, abbiamo visto che però c'è stata una risposta sotto questo punto di vista piuttosto confortante.
C’è chi si è messo in gioco e lo ha fatto utilizzando anche le piattaforme social al di là dello stile si è fatto sentire cercando di fare chiarezza.
L’obiettivo dei medici e dei ricercatori è quello di adottare le piattaforme social per arrivare più vicino alle persone e combattere per esempio le fake news.