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Le malattie cardiovascolari rappresentano una delle principali cause di morbilità e mortalità in Italia, influenzando significativamente la salute pubblica. Per approfondire l'argomento, abbiamo intervistato il dottor Luigi Gianturco, esperto in cardiologia, il quale ha condiviso con noi preziose informazioni sulle caratteristiche e le strategie di gestione delle principali malattie cardiovascolari.
L'ipertensione arteriosa corrisponde ad un aumento della tensione dei vasi arteriosi che genera valori di pressione sistolica (la cosiddetta massima) sopra i 140mmHg e/o di pressione diastolica (la pressione minima) sopra i 90 mmHg. A questo proposito, avendo citato massima e minima, sfatiamo il mito radicato nell’opinione comune, che la pressione minima sia quella più pericolosa. E’ infatti noto che gli eventi cardiovascolari infausti, quali ad esempio l'ictus o l'infarto miocardico, sono strettamente correlati ad un controllo inadeguato dei valori della pressione massima.
Secondo i dati della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa, questa condizione colpisce circa il 30% della popolazione adulta con una lieve prevalenza nel sesso maschile. In base ai dati forniti dalle società scientifiche nazionali, emerge che nonostante il numero significativo di persone affette da ipertensione arteriosa, la percentuale di pazienti con una gestione ottimale della pressione sanguigna rimane ancora troppo bassa.
Fortunatamente, ad oggi, le possibili strategie farmacologiche per combattere l’ipertensione sono molteplici anche se in genere, come indicato dalle Linee Guida Europee, si devono privilegiare le cosiddette “combinazioni precostituite” di farmaci: in una singola pillola il paziente ritrova due (a volte anche tre) principi attivi che, lavorando assieme massimizzano la loro efficacia riducendo al contempo eventuali effetti indesiderati.
Dicevamo però che spesso l’obiettivo di un buon controllo pressorio è disatteso e le motivazioni possono essere molteplici:
È chiaro dunque che il primo obiettivo è migliorare l'attuale livello di “cura” dei pazienti ipertesi anche perché, come già accennato, spesso la pressione innesca circoli viziosi che peggiorano lo stato di salute generale di un soggetto e/o lo espongono ad alti rischi.
Leggi di più sui fattori di rischio per l'ipertensione nel nostro articolo "Fattori di rischio modificabili per l'ipertensione arteriosa".
La cardiopatia ischemica racchiude in sé uno spettro di condizioni morbose correlate all’ischemia miocardica, ovvero la riduzione dell’apporto di sangue e quindi di ossigeno al muscolo cardiaco. Tali forme possono essere
Per entrambe va dunque prestata, dal cardiologo, la massima attenzione e cura. E come già in parte detto a riguardo dei soggetti ipertesi è necessario che il paziente rispetti pedissequamente le terapie, un corretto stile di vita ed i controlli periodici.
Scopri le strategie dietetiche più efficaci per il controllo della pressione arteriosa leggendo "Dieta per l'ipertensione: un alleato terapeutico".
Altro grosso capitolo è sicuramente lo scompenso cardiaco che identifica quella condizione patologica in cui il cuore ha un deficit nella sua funzione contrattile e/o di pompa. Lo scompenso o insufficienza cardiaca è una patologia che interviene a seguito di eventi quali quelli ischemici acuti e poi cronici (magari non validamente trattati e monitorati) oppure anche a seguito di valvulopatie (patologie delle valvole del cuore) importanti, spesso fonte di interventi cardiochirurgici o simili.
Anche qui il rispetto delle linee guida di trattamento (e follow-up) è cruciale per rallentare gli effetti deleteri del disturbo: i pazienti scompensati subiscono vari ricoveri ed oscillano sovente fra fasi di relativa stabilità e fasi di aggravamento.
In ultimo, dedichiamo qualche parola alla fibrillazione atriale (FA), che è la forma più frequente di aritmia, specie negli anziani. Essa si correla, se non adeguatamente curata, al rischio di ictus. Al giorno d'oggi, è un sollievo sapere che per la terapia anticoagulante si possono utilizzare farmaci diretti (DOACs o NOACs) che non agiscono tramite l'antagonismo della vitamina K.
Questi farmaci non richiedono frequenti controlli per regolare i dosaggi e non impongono particolari restrizioni dietetiche ai pazienti (come avveniva in passato con la vitamina K, che limitava il consumo di determinate verdure e cibi). Grazie a questi nuovi anticoagulanti, che sono ormai disponibili da tempo sul mercato e offrono notevoli benefici, i cardiologi hanno a disposizione preziose risorse per contrastare il rischio di ictus.