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"Chemio, se posso la evito": la nuova campagna di Europa Donna Italia

Scritto da Ihealthyou Redazione | 24-feb-2021 7.49.20

8' di lettura

Il 22 gennaio è iniziata la raccolta firme e la campagna social "Chemio: se posso la evito" di Europa Donna Italia per garantire laccesso gratuito ai test genomici alle pazienti con tumore al seno in tutta Italia. I risultati e le sottoscrizioni raccolte verranno inviati al Ministero della Salute a fine marzo, quando la campagna terminerà.


Cerchiamo allora di capire cos'è la terapia ormonale e quando viene associata alla chemioterapia, cosa sono i test genomici e perché la campagna di Europa Donna Italia è così rilevante.

 

 

La terapia ormonale

Le opzioni terapeutiche per la cura del tumore alla mammella attualmente disponibili includono la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia, l’ormonoterapia e le terapie biologiche. Queste possono anche essere usate da sole o in combinazione, in base allo stadio di avanzamento della malattia. 

Nel caso specifico della terapia ormonale (o antiormonale), questa possibilità dipende dalla presenza di recettori estrogenici sulle cellule tumorali. I tumori al seno che possiedono i recettori per gli ormoni femminili (detti anche tumori ormonoresponsivi) sono dei tumori che esprimono sulla superficie o all’interno delle loro cellule delle proteine (i recettori)  in grado di riconoscere e legare altre sostanze, in questo caso gli ormoni estrogeni e/o il progesterone. I carcinomi mammari (o tumori mammari) che esprimono il recettore per gli estrogeni (ER) e quelli che esprimono il recettore per il progesterone (PR) dipendono proprio da questi ormoni per la loro crescita ed è per questo motivo che, in alcuni casi, il trattamento più indicato è la terapia ormonale che consiste nella somministrazione di farmaci che bloccano l’attività di questi ormoni. 

Inoltre, per la maggioranza dei tumori al seno che possiedono i recettori per gli ormoni femminili, la terapia antiormonale è sufficiente a ridurre il rischio di recidiva, cioè la ricomparsa del tumore ma, in alcuni casi, l’oncologo può ritenere utile aggiungere anche la chemioterapia

 

Chemioterapia che cos'è e come incide sulla vita delle pazienti?

Nei casi di tumori ormonoresponsivi aggressivi, la chemioterapia è una cura che viene fatta per ridurre il rischio di ritorno del tumore e di metastasi quando il tumore è aggressivo e/o ha già intaccato i linfonodi. Di conseguenza alla terapia antiormonale è indicato affiancare la chemioterapia. 

Secondo lo studio, coordinato dalla ricercatrice Krishnali Parsekar e pubblicato nella rivista BMJ Open, ogni anno i costi associati alla chemioterapia per il tumore al seno impattano sull’economia britannica per circa 248 milioni di sterline (278 milioni di euro). Questa cifra comprende la perdita di produttività e l’astensione dal lavoro ma anche costi personali, le cosiddette spese “out of pocket”, come il pagamento del trasporto e del parcheggio presso le strutture di cura, il costo delle parrucche e di nuovi reggiseni nonché dei farmaci da banco. 

Tutto ciò è ancora più impressionante se si considera che, secondo quanto affermato da Richard Fordham, uno degli autori dello studio, circa un terzo dei pazienti con tumore al seno riceve la chemioterapia, ma ci sono aree grigie intorno alle quali le pazienti la fanno anche quando non ne avrebbero bisogno.

È in questi casi quindi che i test genomici hanno un ruolo decisivo. L’indagine genetica, infatti, permette di predire l’aggressività di alcuni tipi di tumore e di stimare il vantaggio di aggiungere la chemioterapia alla terapia ormonale.

Nonostante sia uno studio condotto su pazienti del Regno Unito, non mancano le storie di donne italiane che possono testimoniare una situazione analoga. Di conseguenza è importante che anche in Italia si prenda in considerazione questo tema per sfruttare in modo più efficiente le risorse umane, terapeutiche e economiche per la lotta contro il cancro. Ciò può avvenire anche grazie all’utilizzo dei test genomici. 

 

Test genetici: a cosa servono e quando farli?

Una volta concluso l’intervento chirurgico, l’anatomopatologo conduce esami istologici e molecolari sulle cellule del tessuto tumorale asportato. È in questa fase che l’oncologo può richiedere il test genomico.
L’indagine genomica è utilizzata con sempre maggior frequenza dai medici per comprendere meglio la biologia del singolo tumore e scegliere l’approccio terapeutico più appropriato per la paziente. Infatti, i test genomici permettono di

  1. stabilire il rischio che il tumore si ripresenti (recidiva) o che possa invadere altri organi (metastasi)
  2. valutare le probabilità che il tumore risponda a uno specifico trattamento, in particolare alla chemioterapia in aggiunta alla terapia antiormonale.

 


 

Quando è possibile evitare la chemio?

Non in tutti i casi però ha senso svolgere un’indagine genomica. È stato osservato che la chemioterapia non è sempre necessaria, nelle pazienti con un tumore ormonoresponsivo (un tumore che risponde alle terapie ormonali le quali hanno l’obiettivo di impedire la produzione degli ormoni responsabili della crescita delle cellule tumorali o di bloccarne l’azione di stimolo alla moltiplicazione delle cellule cancerose), con diametro non superiore ai 5 cm e con non più di tre linfonodi coinvolti.

Solo in questi casi quindi il test genomico aiuta l’oncologo a predire l’aggressività del tumore e a valutare l’utilità di aggiungere la chemioterapia alla terapia ormonale.

 

Perché aderire alla campagna "Chemio: se posso la evito"?

Da anni ormai i test genomici sono disponibili nella maggioranza dei Paesi europei, ma ad oggi (gennaio 2021), in Italia, i test genomici non sono ancora stati inseriti nei Livelli Essenziali di Assistenza e quindi non sono ancora rimborsabili.

Casi speciali sono la Lombardia, la provincia di Bolzano e la Toscana che hanno deciso di finanziare direttamente i test con fondi propri.

Solo lo scorso 30 dicembre, con l’approvazione della Legge di Bilancio è stato istituito un fondo nazionale di 20 milioni di euro annui per il rimborso delle spese sostenute dagli ospedali per l’acquisto dei test. Tuttavia il fondo non sarà accessibile finché il Ministero della Salute non emanerà un decreto attuativo, dopodiché le Regioni dovranno distribuire le risorse alle strutture del territorio.

È qui che entra in gioco Europa Donna Italia per chiedere alle istituzioni che i test genomici siano resi disponibili al più presto in tutta Italia.

È stata quindi aperta una raccolta firme on line e una social challenge con l’hashtag #testgenomiciora in cui si chiede di realizzare un breve video con il proprio smartphone (qui le istruizioni) che sarà condiviso sui canali Facebook e Instagram di Europa Donna. 

Inoltre, fino al termine della campagna, ogni martedì e venerdì saranno pubblicati sui profili Facebook e Instagram di Europa Donna i video realizzati dai sostenitori della campagna che verranno inviati al Ministero della Salute. 

 

All’iniziativa hanno aderito varie Società Scientifiche e Associazioni che lavorano in ambito oncologico. Tra queste AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), SIAPEC (Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citopatologia Diagnostica), Cittadinanzattiva, EURAMA, Fondazione Insieme Contro il Cancro, Fondazione ONDA, Fondazione The Bridge, Komen e Senonetwork.

Rosanna D’Antona, presidente del movimento per la prevenzione e la cura del tumore al seno, invita quindi tutti noi ad aderire a questa campagna: 

 

Resta ancora molto da fare prima che i test siano effettivamente utilizzati sull’intero territorio nazionale: è urgente che venga completato l’iter normativo per rendere i test accessibili alle pazienti di tutte le Regioni.

Rosanna D’Antona, Presidente Europa Donna Italia

 

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