8" di lettura
Abbiamo già parlato dell'importanza della prevenzione per quanto riguarda le problematiche della salute maschile e delle iniziative dedicate alla sensibilizzazione su questi temi, come il Programma Prostata e il Movember.
Abbiamo però spesso menzionato anche la grande ignoranza che circonda queste tematiche: durante un'indagine dell’Associazione Europea di Urologia, condotta su 2.500 uomini provenienti da Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito, il 54% degli intervistati ha affermato che riteneva la prostata un organo femminile ed il 22% del campione ha risposto di non sapere dove sia posizionata.
Consapevoli del pericolo della disinformazione e dell'importanza di una corretta prevenzione, abbiamo intervistato il Dottor Carlo Introini, Direttore della Struttura Complessa di Urologia dell'Ente Ospedaliero Ospedali Galliera per approfondire questo tema.
La prostata è una ghiandola presente nell'organismo maschile che avvolge completamente il tratto iniziale dell'uretra, il canale che porta l'urina verso l'esterno del corpo. Il tratto viene chiamato per questo "uretra prostatica",
La prostata, collocata davanti al retto, riveste un ruolo centrale nel sistema riproduttivo: produce e secerne il liquido seminale, la parte liquida dello sperma (la cui parte corpuscolata, ovvero gli spermatozoi, è prodotta dai testicoli) ed alcuni degli ormoni maschili.
Per ipertrofia della prostata si intende un accrescimento, in particolare della parte centrale, dell'organo, definito anche come adenomatosi prostatica. Si tratta di una formazione benigna di noduli di tessuto dell'organo stesso, microscopici o macroscopici, attorno alla ghiandola.
L'ingrossamento con l'andare del tempo può creare un'ostruzione a livello del canale uretrale, rendendo molto difficile e doloroso urinare: l'aumento del volume della prostata può infatti impedire all'uretra di allargarsi a imbuto, sotto la spinta pressoria della vescica, quando deve svuotarsi durante l'urinazione.
Si può riconoscere anche attraverso una comune ecografia e si manifesta nella forma di noduli prostatici fibroadenomiomatosici, che in genere vanno a comprimere l'uretra creando problema di svuotamento.
L'ostruzione ha due componenti: una statica, riguardante l'aumento del volume della ghiandola e una dinamica, riguardante le pareti muscolari della vescica. L'espansione della prostata causata dall'ipertrofia sottopone le pareti della vescica ad un'enorme pressione, creando un'atmosfera molto compressa all'interno dell'organo, con conseguenti difficoltà nello svuotamento.
La ritenzione acuta dell'urina, che nei casi gravi comporta un ricovero e un deflusso del liquido tramite catetere, può arrivare, nei casi più problematici, a causare un'insufficienza renale.
Un'altra importante correlazione è quella con la calcolosi vescicale, ovvero la formazione di calcoli nella vescica. I cristalli di solito presenti nella urine in questo caso si aggregano, a volte aiutati anche da batteri, creando masse che vanno rimosse chirurgicamente.
Non possiamo individuare fattori di rischio particolari, ma esistono alcuni elementi che possono rendere un paziente maggiormente predisposto all'ipertrofia prostatica, come l'invecchiamento o lo stimolo ormonale, possibile causa di un aumento delle dimensioni del tessuto prostatico.
Non esistono inoltre particolari correlazioni di tipo genetico per quanto riguarda il disturbo. Dato che si tratta di un processo naturale, non possiamo inoltre indicare un comportamento specifico per evitare che si verifichi. Possiamo consigliare di limitare alcune abitudini, come limitare cibi piccanti o fritti, caffé, insaccati e cioccolato, non per diminuire le probabilità che si verifichi appunto l'ipertrofia della prostata, ma per limitare eventuali irritazioni dell'organo.
L'ipertrofia prostatica può insorgere anche abbastanza presto, a 30-35 anni, ma più spesso ha origine in pazienti intorno ai 70-75 anni. Non esiste tuttavia una precisa età d'insorgenza.
La diagnosi fondamentalmente si attua attraverso vari step: l'esame clinico, l'esame di laboratorio quindi l'esame del sangue, l'esame flussometrico, un eventuale esame urodinamico, un'ecografia addominale e in alcuni casi si arriva alle indagini di secondo livello come ad esempio una particolare forma di TAC, detta UroTAC.
L'esame clinico prevede un esame generale ed eventualmente una valutazione mirata a individuare un eventuale globo vescicale (una distensione anomala della vescica dovuta all’aumento del volume di urina in essa contenuto), cosa che non si può intuire solo palpando il paziente. A questo segue l'esame della prostata attraverso indagine rettale (uno degli esami cardine delle problematiche legate alla prostata).
Si eseguono poi gli esami di laboratorio: si fa prima un esame dell'urina fisico - chimico oppure anche colturale, poi un esame del sangue per accertare la funzionalità dei reni. Si effettuano, inoltre, indagini di secondo livello come quelle uro-flussometriche di tipo urodinamico per ottenere informazioni sulla qualità dell'urinazione del paziente e per valutare il picco di flusso, il tempo impiegato a urinare e la fatica percepita dal paziente nello svuotare la vescica.
Il disturbo può essere individuato anche tramite ecografia addominale sovrapubica, l'unica che può dare un'importante valutazione iniziale dello stato delle vie urinarie e del residuo vescicale, fondamentale per determinare il grado di ostruzione e l'eventuale trattamento farmacologico o chirurgico necessario.
La diagnosi tramite ecografia transrettale risulta invece inopportuna e non necessaria nella maggior parte dei casi. Si consiglia solo se si sospetta la presenza di un cancro, insieme ad una biopsia.
Esistono quattro tipologie di trattamento di tipo medico: con farmaci fitoterapici, di cui si vedono pubblicità televisive incongrue in questo periodo e che hanno principalmente un effetto placebo, con farmaci alfa litici, che aiutano lo svuotamento della vescica favorendo una maggiore rilassatezza del collo vescicale, con farmaci inibitori della 5-a-reduttasi e infine con una terapia di più farmaci in associazione.
La 5-a-reduttasi è un enzima che converte il testosterone ed i farmaci che inibiscono questa sostanza rallentano la crescita e l'edema (l'aumento anomalo dei liquidi intersiziali dei tessuti) prostatici.
La terapia combinata, che è quella più completa, agisce su pazienti sintomatici e induce un miglioramento dei sintomi e un rallentamento della progressione del disturbo, rendendo più lontani nel tempo eventuali interventi chirurgici.
Non mancano, tuttavia, effetti collaterali connessi alla terapia farmacologica. Gli alfa litici, ad esempio, possono provocare una tale apertura del collo della vescica da farle perdere tono muscolare e causare una possibile eiaculazione retrograda. Il liquido seminale e lo sperma, cioè, finiscono per liquefarsi nella vescica e non vengono emessi all'esterno. L'effetto svanisce con l'interruzione della terapia, non ha nessun effetto nocivo per l'organismo e non comporta complicanze nella sfera sessuale.
I farmaci inibitori della 5-a-reduttasi possono invece causare ginecomastia e a volte diminuzione della libido e dell'attività sessuale.
No, non esiste nessuna correlazione tra i due. Abbiamo menzionato prima il PSA (antigene prostatico specifico) che è una proteina prodotta esclusivamente a livello prostatico per mantenere solubile il liquido seminale.
Dal momento che la sua concentrazione nel sangue aumenta notevolmente quando è presente un tumore della prostata, viene considerato un marcatore tumorale specifico e discretamente sensibile. Tuttavia non va sempre correlata a questa eventualità: il PSA è il marker di un organo, non un marker tumorale e una prostata di dimensioni superiori al normale tende a produrre sempre più PSA di una di dimensioni medie.
Gli interventi chirurgici indicati per l'ipertrofia prostatica sono sostanzialmente due e vengono consigliati solo in casi particolari (importanti sintomi delle basse vie urinarie, ritenzione urinaria cronica o ricorrente, insufficienza renale cronica, calcolosi vescicale, infezioni urinarie, perdite di sangue nelle urine).
Il primo tipo di terapia chirurgica è la Resezione Transuretrale della Prostata (TUR-P), il gold standard internazionale del trattamento chirurgico. Si tratta di un intervento endoscopico effettuato attraverso l’uretra tramite un resettore, uno strumento di 7 mm di diametro, con cui viene rimossa la prostata. L'intervento risulta preciso ed indolore, ha una durata che va in genere dai 30 ai 60 minuti e può essere eseguita in anestesia spinale o generale, a seconda delle esigenze del paziente.
A fine intervento viene posizionato nel corpo del paziente un catetere vescicale, da rimuovere dopo circa due o tre giorni. La degenza in questo caso dura circa cinque giorni e la natura dell'intervento non rende necessaria la convalescenza in ospedale.
La seconda tipologia è invece la laserterapia. Dei vari tipi di laser utilizzati oggi per il trattamento del disturbo, il più usato oggi è il laser al Tullio, che permette sia l’enucleazione (TuLEP = Tullium Laser Excision of Prostate) che la vaporizzazione dell’ipertrofia prostatica benigna. Rispetto alla TURP può però comportare maggiore irritazione e tempi più lunghi di intervento.
Ringraziamo il dottor Introini e l'Ente Ospedaliero Ospedali Galliera per il tempo dedicato a questa intervista e per le preziose conoscenze che hanno desiderato condividere con noi.
Per approfondire questo e altri argomenti e ricevere articoli simili, non dimenticare di iscriverti alla nostra newsletter!