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Il tumore alla postata, che colpisce la ghiandola grande come una castagna collocata davanti al retto nell’organismo maschile, è spesso troppo frainteso. Si tratta di un organo con un ruolo centrale nel sistema riproduttivo: produce e secerne il liquido seminale ed è influenzata dall’azione degli ormoni.
Nonostante numerose campagne e iniziative informative, parlare di tumore alla prostata rimane però ancora difficilissimo. Al silenzio generalizzato si aggiunge la disattenzione: capita spesso che gli uomini ne ignorino i sintomi, come prostata ingrossata o infiammata.
Alla base di queste difficoltà, troviamo sicuramente una grande disinformazione: una recente indagine dell’Associazione Europea di Urologia, condotta su 2.500 uomini provenienti da Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito, mostra quanto sia necessario ancora lavorare sull'awareness di questi disturbi. Il 54% degli intervistati sostiene infatti che la prostata sia un organo femminile ed il 22% del campione non sa dove sia posizionata.
Per questo motivo iniziative come il Programma Prostata della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano si rivelano particolarmente preziose. Attivo dal 2004, il Programma è un Progetto Speciale della Direzione Scientifica dell'ente, modellato sugli americani SPORE (Specialized Programme of Research Excellence) programmi di ricerca focalizzati su una patologia oncologica specifica. Il Programma Prostata rappresenta un'eccellenza sul territorio nazionale anche grazie all'equipe multidisciplinare che coinvolge.
Abbiamo intervistato il Direttore del Programma, il dottor Riccardo Valdagni, per conoscere meglio lo stato attuale di questa patologia in Italia. Il dottore, che è inoltre Direttore della Radioterapia Oncologica 1 della Fondazione, ha approfondito con noi i seguenti temi:
- L'incidenza del cancro alla prostata in Italia
- I principali fattori di rischio della patologia
- I farmaci capaci di ridurre gli eventuali fattori di rischio
- La diagnosi con PSA (antigene prostatico specifico)
- Cosa è preferibile fare in caso di tumore indolente
- Come si cura un tumore alla prostata aggressivo
1. Dottore, qual è l'incidenza del cancro alla prostata in Italia?
Quello alla prostata rappresenta il cancro più frequente tra gli uomini: si parla di circa 35-36.000 nuovi casi all'anno, ovvero quasi 100 nuove diagnosi al giorno. Fortunatamente la ricerca ha fatto passi da gigante: il tasso di sopravvivenza a 10 anni dalla diagnosi è del 90%, grazie all'introduzione di migliori tecniche di diagnosi precoce.
Va anche detto che oltre a forme più aggressive e maligne, il tumore alla prostata copre un vasto spettro di disturbi, tra cui malattie benigne facilmente curabili e non significative, dette "indolenti". Queste non arrivano mai allo stadio di metastasi e non mettono mai a rischio la vita del paziente.
Ad oggi vivono in Italia, con diagnosi conclamata o malattia in corso, circa 500.000 uomini, in prevalenza over 50, con altrettante famiglie coinvolte. Nonostante quindi si registrino soltanto 7.000 decessi all'anno, la patologia ha un risvolto sociale significativo, impossibile da trascurare.
2. Quali sono i principali fattori di rischio?
Uno dei fattori non modificabili sembra essere l'età: la malattia tende a colpire infatti uomini anziani. Anche se le nuove diagnosi si sono quadruplicate negli ultimi 25 anni, il dato registrato non deve infatti per forza essere letto in negativo: si tratta di un effetto fisiologico dell'invecchiamento della popolazione unito all'introduzione di un nuovo metodo di diagnosi, la PSA.
Sicuramente bisogna prestare attenzione alla cosiddetta prevenzione primaria, basata su stili di vita e fattori di rischio modificabili. In primo luogo va incoraggiata la cultura alla salute tra gli uomini, promuovendo attenzione ai segnali anomali.
Fondamentale inoltre invitare ad uno stile di vita sano: le abitudini alimentari sbagliate e la sedentarietà sembrano influenzare le probabilità di sviluppare un tumore alla prostata. Secondo le evidenze raccolte, infatti, obesità e sovrappeso aumenterebbero le possibilità di contrarre la patologia, con una prevalenza di cancri maligni e più aggressivi della media.
Anche se non è un fattore modificabile, vale la pena menzionare anche l'altezza tra gli elementi che possono determinare l'evoluzione del disturbo: sembra esistere infatti una correlazione tra l'altezza degli uomini ed il grado di aggressività del tumore. Si suppone venga coinvolto l'ormone della crescita, che porta ad una proliferazione maggiore del tessuto ghiandolare prostatico.
3. Esistono farmaci capaci di ridurre i fattori di rischio?
I dati che abbiamo non ci danno certezze: integratori e farmaci contenenti provitamina E e licopene sono infatti solo sospettati di proteggere l'organismo dalla patologia. Altre evidenze deboli si hanno a proposito di diete ricche di calcio e di vitamina E e dei farmaci che prevengono l'invecchiamento della prostata.
E' bene dunque non fidarsi di quegli annunci online che promettono effetti protettivi certi da parte di alcuni prodotti: ad oggi, nel 2019, abbiamo solo consigli, non certezze a riguardo.
L'elemento che sembra scoraggiare maggiormente la formazione del tumore alla prostata pare essere l'attività fisica, anche se le evidenze solide e gli studi si limitano ad indicare l'esistenza di correlazioni tra esercizio regolare e contenuta crescita delle cellule tumorali.
Cosa può dirci della diagnosi con PSA (antigene prostatico specifico)?
Il dosaggio del PSA, ovvero dell'antigene prostatico specifico, è un esame del sangue facile da effettuare, utile nella diagnosi precoce del tumore alla prostata, che individua quando è ancora in fase poco più che embrionale. Garantire gratuitamente questo esame è quindi fondamentale e ha permesso di aumentare in modo esponenziale le diagnosi precoci, senza bisogno di biopsie.
La sua efficacia è però ancora dibattuta: in Italia non è mai stata valutata l'ipotesi di promuovere tramite accordo nazionale l'esame come mezzo per un'indagine a tappeto sulla malattia. Non porta infatti i vantaggi di uno screening vero e proprio e non può essere considerato esclusivamente come un marcatore tumorale: la proteina utilizzata non identifica infatti soltanto tumori aggressivi o potenzialmente pericolosi, ma anche semplici infiammazioni.
Inoltre nello spettro dei tumori alla prostata non individua soltanto quelli maligni: il rischio diventa quello che il paziente si sottoponga a cure anche pesanti ed invasive per combattere forme di cancro totalmente indolenti, che non minacciano la vita del paziente.
In ogni caso, dopo un'adeguata consultazione con il proprio medico, consigliamo un esame PSA, da associare ad una risonanza magnetica, in concomitanza con determinati fattori di rischio come età, sovrappeso o uno storico familiare importante.
Cosa è preferibile fare in caso di tumore indolente?
Come rilevano i maggiori studi sugli screening europei e statunitensi, gran parte delle diagnosi di tumore alla prostata riguarda forme che non sviluppano malignità. Purtroppo, sempre secondo le stime di questi studi, gran parte dei pazienti a cui viene diagnosticato un tumore indolente preferisce il trattamento alla sorveglianza attiva, spesso a causa di consigli poco ponderati e contrari alle linee guida mondiali.
Con sorveglianza attiva intendiamo il monitoraggio nel tempo dello stato di salute del paziente, unito a biopsie da ripetere a intervalli regolari. Possiamo assicurare con certezza che nel 2019 è assolutamente sicura e fattibile: dei pazienti che sorvegliamo nel nostro reparto, nessuno ha sviluppato metastasi.
Come si cura un tumore alla prostata aggressivo, invece?
Non esiste una sola proposta terapeutica in caso di tumore aggressivo, ma più opzioni a seconda della sottocategoria di tumore. In particolare si ricorre a chirurgia o radioterapia, con irradiazione interna o esterna.
Perché due terapie differenti? Non è una questione di efficacia, dato che sono entrambe altrettanto risolutive, ma di possibili effetti collaterali, che possono incidere diversamente sulla qualità della vita del paziente. Comportano infatti rischi diversi, di cui il paziente deve essere sempre bene informato per essere in grado di scegliere in maniera consona alle proprie esigenze.
A meno che infatti non esistano importanti indicazioni mediche che portino a preferire una delle due soluzioni, al paziente deve essere garantita la piena libertà di scelta: se magari vive la diagnosi in modo molto ansioso può optare per una veloce e risolutiva azione chirurgica, mentre se teme l'incontinenza urinaria può richiedere un intervento radioterapico.
In entrambi i casi, inoltre, le probabilità che la funzionalità sessuale venga compromessa non sono particolarmente alte.
Ringraziamo il dottor Valdagni per la disponibilità e vi invitiamo a prestare attenzione ai segnali anomali effettuando visite e controlli periodici.
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