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I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono disagi profondi che colpiscono tutta la popolazione, rappresentando una problematica rilevante per la sanità pubblica.
Circa tre milioni di italiani ne soffre. In questo articolo parleremo di:
L'incidenza, stimata per l’anoressia nervosa è di almeno 8-9 nuovi casi per 100.000 persone in un anno tra le donne, mentre è compresa fra 0,02 e 1,4 nuovi casi per 100.000 persone in un anno, tra gli uomini.
Per la bulimia nervosa è almeno di 12 nuovi casi per 100.000 persone in un anno tra le donne e circa 0,8 nuovi casi per 100.000 persone in un anno tra gli uomini.
Generalmente si manifestano più spesso tra i 15 e i 19 anni, ma numerosi studi sperimentali ed osservazioni cliniche sottolineano un marcato esordio precoce, abbassando l’età di insorgenza fino ai 9-10 anni.
I professionisti della salute mentale fanno riferimento all’ultima versione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5), che raccoglie e definisce i tratti caratteristici della patologia, individuando e descrivendo i disturbi dell’alimentazione come segue, al fine di evitare diagnosi errate e vaghe:
Individuare e trattare tali disagi, non può fare unicamente riferimento ad una classificazione categoriale e descrittiva, ma richiede un approccio complesso, multidisciplinare; necessita l’intervento di esperti che indossino particolari occhiali che forniscano la possibilità di guardare tale disagio non solo dal punto di vista medico-organico, ma che conferiscano dignità al disagio e alla sofferenza che caratterizza colui che porta gravi ferite e che investe terribilmente il suo sistema di appartenenza.
Rispetto, Coraggio, Delicatezza e tanta Competenza.
Ciò è assolutamente necessario poiché tali disagi non sono collegati unicamente al corpo, al peso e al cibo. La questione non è questa.
Seppure ciò risulti molto complesso e venga spesso rifiutato fortemente da chi ne soffre, soprattutto in una fase iniziale della malattia, va sottolineato come tale disagio abbia a che fare con un dolore altro, molto profondo, radicato fortemente nella struttura psicologica del soggetto. In modo del tutto inconsapevole, il soggetto cerca di tenere a bada, attraverso l’utilizzo improprio del cibo, un intenso dolore, il sentimento di inadeguatezza o di un proprio "difetto", di qualcosa di profondamente sbagliato, che non va in sé stessi.
Digiunare o restringere fortemente l’assunzione di cibo, restituisce un sentimento di forza, di potere, di controllo sulla propria vita, così come l’assunzione spasmodica di cibo, l’abbuffata, genera sollievo, conforto, consolazione.
Chi ne soffre, attraverso tale disagio, racconta la propria storia.
Storie di vita complesse, fatte di traumi, abusi, abbandoni, lutti, depressione, relazioni tossiche, violenze psicologiche, trascuratezza, svalutazioni, derisione, giudizio, pregiudizio, maltrattamento.
Tale disagio è un disperato tentativo di soluzione, un anestetico al dolore psichico.