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L'adolescenza è un periodo di vulnerabilità per il Binge Eating Disorder, un disturbo alimentare caratterizzato da abbuffate incontrollate senza condotte di eliminazione.

Oggi scopriamo di più con la Dott.ssa Federica Ambra Piacenza che risponderà per noi a queste domande:

  1. Cos'è il binge eating disorder?
  2. Quando si può sospettare la presenza di un binge eating disorder?
  3. Chi è più colpito dal binge eating disorder?
  4. Quali sono i fattori di rischio che inducono l'insorgenza di questo disturbo?

Binge ating disorder concetto astratto

1. Cos'è il binge eating disorder?

Il binge eating disorder è un disturbo alimentare di recente classificazione diagnostica (è stato infatti inserito nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali solo nel 2013), in cui i soggetti portatori di sintomo presentano un utilizzo disfunzionale dell’alimentazione, la quale risulta connotata da frequenti e ricorrenti episodi di abbuffata alimentare. A differenza del comportamento bulimico, questi episodi non sono seguiti da condotte di eliminazione. L'adolescenza è un periodo di particolare vulnerabilità per questo disturbo, con una prevalenza stimata fino al 3%.

Il binge eating disorder non è l'unico disturbo che si può osservare anche tra le persone più giovani. Scopri di più con il nostro articolo "Disturbi del comportamento alimentare in età pediatrica e nell'adolescenza" .

2. Quando si può sospettare la presenza di un binge eating disorder?

Le abbuffate, per essere considerate “patologiche”, richiedono l’assunzione di quantità esagerate di cibo, in diversi momenti della giornata, anche più volte a settimana. La persona le compie tendenzialmente di nascosto o in solitudine poiché sono accompagnate da sensazioni fortemente negative, quali senso di colpa o vergogna. La condizione di avvio dell’abbuffata è riconosciuta nell’esperienza di perdita del controllo: questa può essere pervasiva (e quindi il soggetto non controlla sé stesso, il proprio comportamento e le proprie emozioni) o talvolta solo rivolta alla ricerca di cibo.

3. Chi è più colpito dal binge eating disorder?

La presenza del disturbo nella popolazione generale è maggiore di quanto si possa pensare, ed è molto elevata nella popolazione adolescente. La massiccia presenza del binge eating disorder riguarda sia la diagnosi conclamata, sia per la presenza di forme così dette “subcliniche" (i sintomi e le caratteristiche disfunzionali sono presenti, ma sono sotto soglia rispetto ai criteri minimi stabiliti per porre diagnosi). Il picco di diagnosi e trattamenti è inoltre individuabile in pazienti tra i 13 e i 19 anni, dove troviamo una importante presenza anche di soggetti di genere maschile. Il rapporto tra i due sessi è infatti molto meno asimmetrico rispetto all’anoressia o alla bulimia.

Adolescente durante abbuffata tipica del BED

Nei ragazzi che presentano tale tipologia di funzionamento alimentare possono inoltre subentrare forme di obesità lieve o grave a causa delle ingenti quantità di cibo assunto. Al contempo, in pazienti obesi, il 30% dei soggetti presenta anche difficoltà di regolazione e di controllo riconducibili alle caratteristiche cliniche del binge eating disorder.

4. Quali sono i fattori di rischio che inducono all'insorgenza di questo disturbo?

Un primo elemento riscontrato riguarda il legame tra il disturbo psicopatologico in adolescenza e le esperienze relazionali vissute durante l’infanzia con le proprie figure significative di riferimento. Legami scarsamente affettivi e poco orientati al riconoscimento del bambino e dei suoi bisogni, genitori assenti, clima emotivo negativo, posizioni genitoriali ansiose o iperprotettive possono rendere difficoltoso lo sviluppo di abilità di regolazione emotiva. Il bambino, a causa della mancanza di una solida e positiva relazione con i genitori, terra di apprendimento auto-regolatorio fin dalla nascita, tenderebbe dunque ad “arrangiarsi” nei momenti di difficoltà emotiva o di dolore. Un metodo diretto e semplice per gestire tutto ciò può essere riconosciuto nell’abbuffata alimentare: questa è infatti in grado di calmare il soggetto, di “riempire il suo bisogno” se la osserviamo con ottica simbolica ed è in grado di distogliere l’attenzione dall’esperienza di emozione negativa.

Un secondo aspetto particolarmente sottolineato in letteratura riguarda l’aver vissuto esperienze traumatiche durante l’infanzia, ancor più se esperite nell’ambiente famigliare. Gravi lutti non risolti, forme di abuso (fisico, emotivo o sessuale) e di neglect (mancanza di cura e attenzioni, comportamenti di trascuratezza nei confronti del bambino: può essere fisico o emotivo) possono provocare come reazione la comparsa di forti emozioni negative e intollerabili per intensità o durata. Anche qui, il comportamento di abbuffata alimentare assume un valore consolatorio, in grado di liberare il soggetto dalle difficoltà regolatorie e dalle mancate competenze di regolazione emotiva funzionale.

Come abbiamo visto, la tematica emotiva è centrale nella comparsa dell’abbuffata alimentare. Il soggetto, a causa di esperienze infantili negative, tenderebbe a sperimentare emozioni dolorose, alle quali risponderebbe con un agito rivolto al cibo. Anche qui è evidente il messaggio che viene veicolato dall’utilizzo del comportamento alimentare, così come l’utilizzo del corpo come mezzo dotato di maggiore facilità gestionale, rispetto all’espressione o all’elaborazione psichica.

Poter lavorare dunque con progetti preventivi volti all’educazione emotiva e alimentare in ambienti scolastici o di aggregazione giovanili, e al contempo, rivolgere progetti alle famiglie, potrebbe divenire una chiave di accesso per favorire comportamenti più adattivi nelle persone più giovani e una maggiore sensibilità al tema per noi adulti.

A cura di Dott.ssa Federica Ambra Piacenza

Dottoressa in Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia


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