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I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono disagi profondi che colpiscono tutta la popolazione, rappresentando una problematica rilevante per la sanità pubblica.

Circa tre milioni di italiani ne soffre. In questo articolo parleremo di:

  1. Cosa sono e quali sono i disturbi alimentari?
  2. Come vengono letti tali disturbi?

1. Cosa sono e quali sono i disturbi alimentari?

L'incidenza, stimata per l’anoressia nervosa è di almeno 8-9 nuovi casi per 100.000 persone in un anno tra le donne, mentre è compresa fra 0,02 e 1,4 nuovi casi per 100.000 persone in un anno, tra gli uomini.

Per la bulimia nervosa è almeno di 12 nuovi casi per 100.000 persone in un anno tra le donne e circa 0,8 nuovi casi per 100.000 persone in un anno tra gli uomini.

Generalmente si manifestano più spesso tra i 15 e i 19 anni, ma numerosi studi sperimentali ed osservazioni cliniche sottolineano un marcato esordio precoce, abbassando l’età di insorgenza fino ai 9-10 anni.

I professionisti della salute mentale fanno riferimento all’ultima versione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5), che raccoglie e definisce i tratti caratteristici della patologia, individuando e descrivendo i disturbi dell’alimentazione come segue, al fine di evitare diagnosi errate e vaghe:

  • Pica, la cui caratteristica fondamentale consiste nella “persistente ingestione di una o più sostanze senza contenuto alimentare non commestibili” (ad esempio, stoffa, metallo o ghiaccio);
  • Disturbo di ruminazione, caratterizzato da ripetuto rigurgito di cibo (successivamente rimasticato, ringoiato o sputato), non attribuibile a un problema gastrointestinale o a un’altra condizione medica;
  • Disturbo da evitamento/restrizione dell’assunzione di cibo, che si manifesta attraverso la “persistente incapacità di soddisfare le appropriate necessità nutrizionali e/o energetiche”. Gli individui si alimentano ad esempio con un numero limitato di cibi “preferiti”, quali pasta, dolci e patatine. Si precisa che tale comportamento alimentare non deve risultare associato a mancata disponibilità di cibo o a pratiche culturali;
  • Anoressia nervosa, caratterizzata dalla restrizione nell’assunzione di calorie e la presenza del BMI significativamente basso. È presente l’alterazione della rappresentazione mentale del proprio corpo, la quale porta ad una costante sensazione di essere sovrappeso;
  • Bulimia nervosa, caratterizzata da abbuffate e inappropriate condotte compensatorie. Il DSM-5 definisce un episodio di abbuffata come l’ingestione di una quantità di cibo significativamente superiore a quella che la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili, caratterizzato dalla sensazione di perdere il controllo durante l’abbuffata. Le inappropriate condotte compensatorie, utilizzate per prevenire l’aumento di peso a seguito di un episodio di abbuffata, consistono ad esempio nel vomito autoindotto, abuso di farmaci (quali lassativi e diuretici), digiuno o attività fisica eccessiva;
  • Disturbo da alimentazione incontrollata, il Binge Eating Disorder (BED), è caratterizzato da abbuffate, senza inappropriate condotte di compensazione. Un’altra differenza con la Bulimia nervosa è rappresentata dal minore interesse mostrato nei confronti del peso e della forma del corpo;
  • Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con specificazione, caratterizzato dal non soddisfare pienamente i criteri diagnostici dei disturbi precedentemente descritti;
  • Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione senza specificazione, caratterizzati dal non soddisfare pienamente i criteri diagnostici dei disturbi precedentemente descritti.

2. Come vengono letti tali disturbi?

Individuare e trattare tali disagi, non può fare unicamente riferimento ad una classificazione categoriale e descrittiva, ma richiede un approccio complesso, multidisciplinare; necessita l’intervento di esperti che indossino particolari occhiali che forniscano la possibilità di guardare tale disagio non solo dal punto di vista medico-organico, ma che conferiscano dignità al disagio e alla sofferenza che caratterizza colui che porta gravi ferite e che investe terribilmente il suo sistema di appartenenza.

Rispetto, Coraggio, Delicatezza e tanta Competenza.

Ciò è assolutamente necessario poiché tali disagi non sono collegati unicamente al corpo, al peso e al cibo. La questione non è questa.

Seppure ciò risulti molto complesso e venga spesso rifiutato fortemente da chi ne soffre, soprattutto in una fase iniziale della malattia, va sottolineato come tale disagio abbia a che fare con un dolore altro, molto profondo, radicato fortemente nella struttura psicologica del soggetto. In modo del tutto inconsapevole, il soggetto cerca di tenere a bada, attraverso l’utilizzo improprio del cibo, un intenso dolore, il sentimento di inadeguatezza o di un proprio "difetto", di qualcosa di profondamente sbagliato, che non va in sé stessi.

Digiunare o restringere fortemente l’assunzione di cibo, restituisce un sentimento di forza, di potere, di controllo sulla propria vita, così come l’assunzione spasmodica di cibo, l’abbuffata, genera sollievo, conforto, consolazione.

Chi ne soffre, attraverso tale disagio, racconta la propria storia.

Storie di vita complesse, fatte di traumi, abusi, abbandoni, lutti, depressione, relazioni tossiche, violenze psicologiche, trascuratezza, svalutazioni, derisione, giudizio, pregiudizio, maltrattamento.

Tale disagio è un disperato tentativo di soluzione, un anestetico al dolore psichico.


Dott.ssa Giuliana Lobascio
Autore

Dott.ssa Giuliana Lobascio

Psicologa Clinica e delle Relazioni Familiari, Psicoterapeuta Sistemico Relazionale. Oltre l’attività di libero professionista, che esercita presso il proprio studio privato, si occupa di interventi di prevenzione nelle scuole e collabora con il centro ABA di Milano per il trattamento del disagio alimentare e del trauma.