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La fibrodisplasia ossificante progressiva: diagnosi e cure in Italia

Scritto da Dott.ssa Renata Bocciardi | 25-gen-2020 9.00.00
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Fibrodisplasia ossificante progressiva: cos'è e perché parlarne? Si tratta di una malattia genetica rara, molto poco conosciuta. Riconoscerne in tempo gli elementi sospetti può diventare fondamentale per un'adeguata presa in carico del paziente, quindi ne abbiamo parlato con la dottoressa Renata Bocciardi, Ricercatrice Universitaria dell'Unità Operativa Complessa di Genetica Medica dell'Istituto Giannina Gaslini.

 
In questa intervista risponderemo alle seguenti domande:
  1.  Cos'è la Fibrodisplasia Ossificante Progressiva e qual è la sua incidenza in Italia?
  2. Come diagnosticare e riconoscere la F.O.P.?
  3. Quali sono le terapie in fase di studio e quali quelle che vengono messe in atto attualmente?
  4. La Fibrodisplasia Ossificante Progressiva colpisce pazienti di che età?
  5. Qual è l'aspettativa di vita di un paziente con la F.O.P.?
  6. Che impatto hanno la malattia ed i disturbi ad essa correlati sulla vita del paziente?
  7. Quali sono i bisogni di un paziente affetto da F.O.P.? Esistono associazioni che si occupano del supporto dei pazienti con la malattia e se sì collaborano con le unità mediche interessate? In che modo?
  8. Quali sono le cause scatenanti della Fibrosi Ossificante Progressiva? 

1. Cos'è la Fibrodisplasia Ossificante Progressiva e qual è la sua incidenza in Italia?

La Fibrodisplasia Ossificante Progressiva o F.O.P. o Sindrome dell'Uomo di Pietra è una malattia genetica estremamente rara, che colpisce 1 persona ogni 2 milioni di individui nel mondo e in Italia, dove si conoscono circa 37 casi diagnosticati. 

Si tratta di una malattia molto invalidante, che porta i pazienti a sviluppare tessuto osseo in parti in cui non dovrebbe esserci ovvero in sedi extra-scheletriche o ectopiche, a carico di muscoli, tendini e articolazioni, creando forte dolore e disabilità cumulativa.

La malattia porta nei pazienti la formazione di un secondo scheletro, che ne rende difficili i movimenti, finendo per intrappolare i pazienti.  

2. Come diagnosticare e riconoscere la F.O.P.?

La diagnosi è essenzialmente di tipo clinico e deve essere eseguita da un clinico esperto: qui all'Istituto Gaslini possiamo vantarci di avere un'esperta internazionale, la Dottoressa Maja Di Rocco Responsabile dell'UOSD Centro Malattie Rare. Di solito viene effettuata quando si rileva un elemento sospetto: chi ha la F.O.P. nella quasi totalità dei casi presenta una caratteristica malformazione dell'alluce, che appare valgo, spesso corto e presente alla nascita. Lo può notare ad esempio il neonatologo o il pediatra ma è molto difficile che venga messo in relazione alla possibilità di avere la F.O.P.: oltre a questa piccola malformazione alla nascita il bambino spesso non manifesta altre anomalie di rilievo.

La diagnosi, dunque, di solito avviene tardi, solo con l'inizio dell'ossificazione: l'evento può essere di tipo apparentemente spontaneo o innescato da un agente esterno come un trauma, una manovra medica, un'iniezione intramuscolo o un vaccino

Molto importante, per evitare di intervenire troppo tardi, eseguire in seguito anche una diagnosi di tipo genetico, che eseguiamo anche in Italia (io sono responsabile del test). In questo modo è possibile rintracciare il difetto genetico alla base di questa malattia: come anticipato, abbiamo diagnosticato ad oggi in Italia, da un punto di vista clinico e genetico, 37 casi di F.O.P.. 
 
  

3. Quali sono le terapie in fase di studio e quali quelle che vengono messe in atto attualmente?

Le terapie attuali, quelle disponibili fino ad adesso, si basano essenzialmente sulla possibilità di bloccare l'infiammazione nelle fasi iniziali che anticipano la formazione della lesione ossea e di trattare la malattia per esempio con una cura a base di cortisone, nel tentativo di bloccare la formazione di osso extra-scheletrico, cosa che non sempre purtoppo avviene. Nella fase acuta di questa, il paziente può avvertire la presenza di un bozzo dolente e rosso, capisce che qualcosa si sta trasformando in una zona del suo corpo e in questo caso, soprattutto in base alla posizione della lesione, si può intervenire precocemente con il cortisone.

La ricerca sta però facendo grandi passi avanti: adesso sono in in corso due studi clinici con due diversi farmaci. Uno è un farmaco che viene somministrato per via orale e si chiama Palovarotene, il cui principio attivo è un analogo cioè una molecola simile all'acido retinoico, e per definirlo tecnicamente, funziona da agonista di RAR-gamma (recettore dell'acido retinoico gamma).

Tale molecola ha lo scopo di bloccare il processo di ossificazione. Come avviene l'ossificazione? Nella F.O.P. il processo progredisce attraverso un processo di ossificazione endocondrale o indiretta (cioè attrverso la formazione di un intermedio cartilagineo): dopo la formazione di una lesione iniziale infiammatoria e distruzione del tessuto muscolare, si comincia a formare nell'area interessata del tessuto mesenchimale, che si trasforma poi in cartilagineo e infine in tessuto osseo.

Il secondo studio clinico in corso prevede l'uso di una molecola completamente differente, basata su alcune recenti scopert del gruppo americano diretto dal Dott. Arisa Economides.

Il gene responsabile della F.O.P. si chiama ACVR1 e fornisce le istruzioni per la sintesi di una proteina che nella cellula ha un po' il ruolo di un interruttore.

Gli specialisti lo definiscono un recettore di membrana, dal momento che capta gli stimoli all'esterno della cellula istruendola sui comportamenti da tenere. Questi stimoli esterni sono normalmente veicolati dalle proteine: in condizioni normali questo recettore, molto importante per il nostro organismo, risponde ad una certo gruppo di proteine chiamate BMP.

Il gruppo di Economides ha scoperto che, quando è mutato, ovvero è portatore del difetto responsabile della F.O.P., il recettore "impara" ad attivarsi anche quando entra in contatto con una molecola, della stessa famiglia dei suoi ligandi naturali, a cui non dovrebbe rispondere chiamata Activina A, recependo e quindi trasmettendo alla cellula un segnale anomalo.

L'anticorpo oggetto di questo studio dovrebbe riuscire a bloccare questo segnale anomalo prodotto appunto dall'activina A. 

La dottoressa Di Rocco qui all'Istituto Gaslini è la responsabile per l'Italia dello studio di questi due farmaci, una ricerca in cui anche i pazienti italiani hanno avuto la possibilità di arruolarsi.  

 

4. La Fibrodisplasia Ossificante Progressiva colpisce pazienti di che età?

La malattia come dicevamo dovrebbe essere diagnosticata alla nascita e l'ossificazione ectopica si manifesta solitamente già nella prima infanzia, ma talvolta alcuni pazienti la manifestano in età più avanzata, verso l'adolescenza o addirittura la giovane età adulta.

Un po' perché non viene quindi riconosciuta immediatamente, un po' perché la sua manifestazione è spesso molto variabile, a volte i pazienti arrivano alla diagnosi da giovani adulti se non più tardivamente.

In Italia abbiamo pazienti di ogni età, dalla più giovane, che ha circa un anno, alla più anziana, che raggiunge i 65.

5. Qual è aspettativa di vita di un paziente con la F.O.P.?

A riguardo è diffusa un'informazione non particolarmente vera: si dice cioè che le persone affette da F.O.P. muoiano intorno ai 40 anni. In realtà abbiamo pazienti più anziani: non si muore di Fibrosi Ossificante Progressiva.

La patologia tuttavia può arrivare a bloccare la gabbia toracica, rendendo difficile la difesa dell'organismo dalle infezioni polmonari. Facciamo di tutto perché i pazienti mantengano intatta la propria capacità respiratoria. 

6. Che impatto hanno la malattia ed i disturbi ad essa correlati sulla vita del paziente?

L'impatto più grosso della malattia consiste nel suo impedire progressivamente al paziente libertà di movimento e vita indipendente. Abbiamo pazienti completamente bloccati dalla presenza di osso "extra" in posizioni difficili, con un pesante impatto sulla capacità muoversi anche nel quotidiano.

7. Quali sono i bisogni di un paziente affetto da F.O.P.? Esistono associazioni che si occupano del supporto dei pazienti con la malattia e se sì collaborano con le unità mediche interessate? In che modo?

Tra le principali necessità ricordiamo quella di avere un buon clinico di riferimento, come la dottoressa Di Rocco, che può offrire consulenza anche al medico curante di un paziente a cui venga diagnosticata la patologia. Per garantire inoltre assistenza e continuità nel quotidiano del soggetto interessato è inoltre necessario fornire loro ausilio man mano che perdono autonomia. 

Molto importante anche fornire informazione e sensibilizzazione sul tema: negli ultimi anni abbiamo lavorato molto in questo ambito, con seminari e lezioni in contesti professionali e non. Come ricordavate inoltre risulta fondamentale il supporto esterno di associazioni come F.O.P. Italia.

Si tratta di un'associazione molto attiva sul territorio, che opera in stretto contatto con noi e con la dottoressa Di Rocco per il finanziamento della ricerca e per l'aumento delle attività di sensibilizzazione a livello nazionale. Dal 2007 a oggi, attraverso un Meeting annuale e occasioni analoghe, mette in contatto i pazienti e le famiglie con esperti mondiali e ha fatto sì che alcuni pazienti avessero accesso ad una corretta diagnosi in tempi senz'altro più brevi rispetto al passato. Senza dubbio, F.O.P. Italia costituisce un'associazione molto forte e valida, grazie alla sua esperienza più che decennale e all'attenzione verso quante più forme di contatto possibile. I suoi membri cercano di rendersi visibili anche all'interno dei social

8. Quali sono le cause scatenanti della Fibrosi Ossificante Progressiva?

Come abbiamo detto, si tratta di una patologia di origine genetica, dovuta ad una mutazione detta autosomica dominante. Nel genoma umano sono presenti 22 coppie di cromosomi detti autosomi e una coppia di cromosomi, X e Y, detti sessuali perché determinano il genere dell'individuo, (XX femmina, XY maschio).

Per semplificare diciamo che, di ogni cromosoma e quindi di tutti i geni in essi contenuti, abbiamo due copie, una di origine materna ed una di origine paterna. Nel caso delle malattie autosomiche dominanti come la F.O.P è sufficiente che anche una sola delle due copie del gene ACVR1 sia difettosa perché il paziente presenti la malattia. La mutazione responsabile di questa condizione si forma nella maggior parte dei casi durante la formazione dell'uovo o dello spermatozoo. 

Una patologia rara ma da non sottovalutare, dunque. Ringraziamo per le informazioni e per l'attenzione la dottoressa Renata Bocciardi e l'Istituto Giannina Gaslini.