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Come spiegava nella prima parte di questa intervista il Dottor Roberto Boffi, responsabile delle attività dell’Istituto Nazionale dei Tumori in campo di educazione ambientale e di prevenzione primaria nelle scuole e di lotta al tabagismo, smettere di fumare significa intraprendere un percorso irto di ostacoli.
Ma pazienza e motivazione possono non bastare: nell'intervista qui sotto, il dottor Boffi ci spiegherà perché.
Sì, secondo caratteristiche riconosciute internazionalmente (astinenza, rinforzo, tolleranza dipendenza e tossicità) la nicotina contenuta nel tabacco può essere definita una vera e propria droga e può addirittura provocare una dipendenza addirittura superiore a quella causata da eroina e altre droghe maggiori.
Nonostante siano di pubblico dominio le informazioni sulla tossicità del fumo, sia vietata la pubblicità di sigarette e non esista più il monopolio di Stato su questi prodotti, ma solo le accise sulla loro vendita, fumano quasi 12 milioni di italiani, molti dei quali vorrebbero smettere ma confessano di non riuscire a farlo.
Tra questi anche persone che si sono ammalate a causa del tabagismo di patologie come bronchiti croniche, tumori e fibrosi polmonari o affette da asma bronchiale, di cui il fumo (attivo e passivo) aggrava i sintomi.
Tra le numerose motivazioni di ciò, va riconosciuta anche la scarsa possibilità di offerta d'aiuto da parte del SNN: i centri antifumo sono ancora troppo pochi in Italia. I farmaci antifumo risultano inoltre molto costosi: in nazioni come l'Inghilterra, dove i fumatori sono la metà degli ex fumatori, questi farmaci vengono invece da molti anni distribuiti gratuitamente. Il fumo inoltre è capace di inattivare determinate cure, come gli spray e gli aerosol a base di cortisone degli asmatici.
Tramite l'Istituto disponiamo di questionari sulla dipendenza dalla nicotina e motivazionali, oltre a un analizzatore di monossido di carbonio che dà indicazioni su quante sigarette accendiamo e di quanto ne aspiriamo il fumo. Contemporaneamente stiamo conducendo studi di farmacogenomica, con cui abbiamo dimostrato - tramite un semplice prelievo di sangue - l'esistenza di una correlazione statisticamente significativa tra l'espressione del gene per il ricettore della nicotina e la difficoltà a smettere di fumare e non ricadere.
Esistono dunque persone meno predisposte geneticamente a rinunciare a questa dipendenza e che andrebbero aiutate con un percorso personalizzato e con la medicina di precisione. Da quest'anno il centro antifumo dell'Istituto introdurrà questo esame genetico già alla prima visita, così da valutare da subito la predisposizione del paziente.
È stato osservato come il paziente che partecipa a studi di screening del tumore al polmone può essere maggiormente predisposto a smettere di fumare. Ovviamente la TAC dello screening non deve essere utilizzata come "il tagliando dell'auto", ossia qualcosa da fare una volta all'anno senza altro tipo d'impegno, ma deve essere associato a un cambiamento radicale del proprio stile di vita.
Lo screening per il tumore polmonare risulta comunque efficace solo su un target specifico: i forti fumatori di almeno 55 anni, oppure che hanno smesso di fumare da meno di dieci anni, e che abbiano consumato almeno un pacchetto di sigarette al giorno per trent'anni. Oltre a ciò, si rivelano molto importanti la diagnosi precoce della BPCO con le spirometrie, la dispensazione gratuita di farmaci antifumo e un piano nutrizionale studiato per ridurre l'infiammazione dell'organismo.
Io e i miei colleghi seguiamo da molti anni le evoluzioni del fenomeno delle sigarette elettroniche, molto diffuso anche tra i nostri pazienti. Uso il plurale intenzionalmente per differenziare le varianti di questo articolo e le sue versioni più e meno recenti.
Nelle più vecchie si inserivano ad esempio cartucce liquide con liquidi con o senza nicotina, molto meno tossiche delle sigarette normali, anche se con concentrazioni superiori di metalli pesanti, tra cui il nichel. Si tratta di sostanze molto irritanti, soprattutto per gli asmatici, anche se non cancerogene: gli studi sull'inquinamento creato da questi articoli confermano che rendono poco salubre anche il vapore da loro prodotto nell'ambiente.
Tornando alla sua domanda: difficilmente le sigarette elettroniche riescono a sostituirsi all'abitudine del fumo tradizionale. Dato che la legge Sirchia è entrata in vigore prima della diffusione di questi prodotti, negli ambienti chiusi - se non esplicitamente vietato - essi vengono infatti tollerati, a differenza delle sigarette.
Questo ha portato alla nascita di utilizzatori "duali", ovvero che differenziano il consumo in base all'ambiente in cui si trovano: le sigarette tradizionali all'aperto e quelle elettroniche negli ambienti pubblici.
Sigari, pipe e narghilé sono invece prodotti un po' di nicchia, ma in ogni caso va sottolineato che ridurre il proprio consumo del tabacco per passare ad altri modi di fumarlo non si rivela mai una strategia vincente.
Il consumo di narghilé nei locali ha portato a grandi concentrazioni di fumo passivo, molto dannoso. Sigari e pipe sono invece articoli più "rituali": si fumano infatti, di solito, solo in alcuni momenti della giornata e in ambienti privati. Nonostante ciò, essi non sono certo privi di rischi: a causa della presenza di tabacco di dimensioni maggiori, possono causare tumori e patologie soprattutto alle alte vie aeree. Le loro polveri, meno fini di quelle delle sigarette, aumentano infatti il rischio di infiammazione e tumori al naso, alla bocca e alla gola.
Smettere di fumare si presenta dunque come un percorso lungo e tortuoso: come in molte altre situazioni simili, trovare il coraggio di chiedere aiuto a specialisti, amici e familiari può segnare la differenza tra successo e sconfitta. Non temete quindi di rivolgervi al vostro medico di fiducia!