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La terapia biologica è considerata la principale strategia per trattare il morbo di Crohn di grado moderato-severo refrattario al trattamento farmacologico convenzionale. I farmaci biologici attualmente disponibili in Italia sono quattro, tutti sicuri ed efficaci. Tuttavia, la terapia biologica presenta delle criticità legate ai possibili effetti collaterali che è necessario conoscere.
Ecco cosa leggerai in questo articolo:
La terapia biologica viene usata per trattare il morbo di Crohn perché è in grado di agire sull’infiammazione intestinale in modo più selettivo, profondo ed efficace rispetto ad una terapia antinfiammatoria standard. L’azione di questi farmaci mira a disinnescare le molecole infiammatorie che causano la malattia di Crohn e i suoi sintomi.
Più in dettaglio, un farmaco biologico è un anticorpo di sintesi in grado di “dialogare” con il sistema immunitario usando la sua stessa lingua. Questi anticorpi, infatti, sono in grado di intercettare e disarmare esclusivamente quelle molecole che il sistema immunitario produce per innescare e amplificare la risposta infiammatoria contro le cellule erroneamente individuate come dannose.
Il morbo di Crohn fa infatti parte delle malattie autoimmuni, causate da una disregolazione del sistema immunitario il quale attacca immotivatamente tessuti sani del corpo. Si tratta di una patologia con andamento ondivago, che alterna fasi di attivazione ad altre di remissione indipendenti dalla dieta seguita, e che può avere diversi gradi di gravità. L’infiammazione cronica che ne deriva è all’origine dei severi danni ai tessuti dell’intestino che forme particolarmente aggressive della malattia di Crohn comportano. La terapia biologica è la soluzione terapeutica prevista proprio nel trattamento dei casi più problematici.1,2
Entrando più specificamente nel merito del funzionamento della terapia biologica nel trattamento del morbo di Crohn moderato e severo, occorre capire cosa sono le molecole “bersaglio”. I farmaci biologici attualmente disponibili in Italia e testati per curare la malattia di Crohn sono quattro, tutti anticorpi monoclonali creati in laboratorio da cellule umane o chimeriche. Il loro meccanismo d’azione non è esattamente lo stesso perché diverse sono le molecole infiammatorie che sono progettati a colpire e che possono essere coinvolte nella genesi della patologia.
Le malattie autoimmuni come il morbo di Crohn, infatti, sono estremamente complesse e si manifestano con sintomi più o meno severi a seconda della localizzazione e dell'intensità della reazione infiammatoria. Vediamo come agiscono i singoli principi attivi dei quattro farmaci biologici in uso:
No, sono solo casi selezionati quelli che accedono alla terapia biologica. Il primo e principale criterio di selezione è il grado di gravità della malattia di Crohn. In generale, la terapia biologica rappresenta l’ultima linea di trattamento del morbo di Crohn e viene proposta quando:
In caso circoscritti, la terapia biologica può essere prescritta precocemente, ovvero in caso di malattia particolarmente aggressiva che esordisca in età giovanile o pediatrica, in caso di patologie estesa o localizzata in zona perianale, con formazione di ulcere o fistole.1
La gravidanza non è considerata invece una condizione incompatibile con la terapia biologica che, anzi, deve essere proseguita per mantenere lo stato di remissione della malattia. Tuttavia, non tutti i farmaci biologici in uso sono stati testati su donne in gravidanza con il morbo di Crohn.5
La terapia biologica ha radicalmente migliorato le aspettative di vita delle persone con morbo di Crohn, restando tuttavia un trattamento non privo di rischi. Effetti avversi e possibili complicanze sono infatti conseguenze sì gestibili, ma spesso non prevedibili, né prevenibili. I farmaci di più lungo utilizzo, infliximab e adalimumab, ad esempio, mostrano efficacia comprovata nel portare e mantenere la malattia in remissione, consentire una guarigione della mucosa dalle lesioni infiammatorie e delle fistole quando presenti, nonché nel ridurre il rischio di recidiva dopo interventi chirurgici.1,3
Le terapie biologiche più recenti, a base di vedolizumab e ustekinumab sono risultate ai primi studi ancora più efficaci nel disinnescare la reazione immunitaria e nel promuovere la remissione dei sintomi del morbo di Crohn a fronte di minori effetti avversi.4,5
Ciò detto, tali rischi esistono e vanno considerati. La terapia biologica può:
Il rapporto rischi-benefici resta senza dubbio sbilanciato a favore della terapia biologica per il morbo di Crohn. In base alle reazioni avverse individuali alla terapia che vengono costantemente monitorate, il personale medico è in grado di valutare quando il farmaco biologico sia, eventualmente, da sospendere.1,2,3
L’obiettivo da centrare quando si inizia una terapia biologica è la remissione del morbo di Crohn e dei suoi sintomi misurabile attraverso gli esami di controllo previsti per monitorare l'andamento della malattia. Significa che la persona in cura sperimenta un netto miglioramento della qualità di vita, ma che questo stato di cose potrebbe non durare per sempre. La malattia di Crohn, infatti, non “guarisce” mai, è una patologia cronica, che la terapia biologica può mantenere sotto controllo in modo eccellente.
Cosa succede, però, se la si interrompe in assenza di sintomi? La scelta spetta al personale medico sulla base di parametri specifici e sulla valutazione del rischio di recidiva, che varia da persona a persona. In molti casi, infatti, sospendere la terapia biologica potrebbe renderla meno efficace una volta che la si debba riprendere. Pertanto non è possibile stabilire a priori se l’assunzione dei farmaci biologici sia da considerarsi a vita, o meno. Ciò che è importante sapere è che una volta stabilito il piano terapeutico, e valutata la sua efficacia nella gestione della malattia di Crohn, un costante monitoraggio dei sintomi e un follow up della risposta all’azione dei farmaci è cruciale e in questo l’attivo coinvolgimento del/la paziente è necessario.
A tal fine, oggi sono disponibili ottimi strumenti di autovalutazione, chiamati PROs, basati su questionari somministrati dal/a gastroenterologo/a di riferimento, attraverso i quali è possibile fornire un riscontro regolare sulla propria risposta alle cure biologiche sia sul fronte specificamente medico, che per quanto attiene alla qualità di vita generale.1,2,6