L'essere umano è un'unità somatopsichica, devo pensiero, emozione e corpo si interfacciano in reciproca relazione: un paziente può manifestare una dermatosi a causa di un evento stressante e, allo stesso tempo, essere stressato a causa della dermatosi.
Ogni dermatosi porta con sé una problematica legata all’immagine corporea; ci si sente evitati dagli altri che temono un contagio: ignoranza, vergogna, domande e timori come "Come faccio ad andare in palestra o in piscina e farmi vedere così?", "Vorrei andare al mare a prendere il sole che mi farebbe molto bene ma come faccio a mettermi in costume?".
La pelle è un organo che esercita numerose funzioni (immunologica, sensoriale – tatto, calore prurito, dolore, sensibilità) e rappresenta il nostro confine corporeo: divide l’interno dall’esterno, è uno strumento di scambio e di relazione con gli altri.
Le malattie dermatologiche sono spesso legate a patologie di organi interni: inoltre, forse a causa dell’origine embriologica ed ectodermica in comune con il sistema nervoso, esiste una forte relazione tra manifestazioni cutanee ed aspetti psico-emozionali.
In questo articolo parleremo di:
Questa relazione così stretta è evidente nelle allergie, dove è frequente l’alternanza tra disturbi della pelle e disturbi respiratori; quanto ai “fattori di stress”, sono presenti nell’eziologia della maggior parte delle dermatosi infiammatorie (alternanze storicamente descritte dalla medicina omeopatica).
È evidente che l’essere umano è un'unità somatopsichica, dove pensiero, emozione e corpo si interfacciano in reciproca relazione: un paziente può manifestare una dermatosi a causa di un evento stressante e, allo stesso tempo, essere stressato a causa della dermatosi.
Nell’attività clinica quotidiana spesso il paziente dermatologico riferisce di sentirsi interiormente bene: magari un certo malessere emotivo, qualche preoccupazione erano presenti nei mesi precedenti alla comparsa della dermatosi stessa. Sembra che questo periodo di latenza tra tensione psicologica e manifestazione cutanea sia di frequente osservazione: i fattori emozionali possono addirittura essere i maggiori responsabili della comparsa di malattie.
Per la maggior parte delle malattie dermatologiche si riconosce un’origine multi-fattoriale: tuttavia numerosi studi scientifici dimostrano quanto le cause psichiche siano determinanti in molti casi.
Sono descritte anche espressioni cutanee di disturbi psichiatrici. Sembra che la pelle esprima le nostre emozioni: una caratteristica spesso descritta nei pazienti affetti da dermatosi è l’alessitimia: "non avere le parole per le emozioni”. In altri termini, in queste persone è presente la difficoltà ad identificare e descrivere i propri sentimenti e a distinguere gli stati emotivi che possono manifestarsi dunque attraverso il corpo e/o la pelle stessa.
In medicina e, in particolare, in dermatologia, è molto importante lavorare sullo stile di vita e sulle abitudini delle persone sia come prevenzione, sia perché il comportamento stesso influisce sulla comparsa, sul decorso e sulla prognosi di numerose malattie.
Una cosa è sapere quello che dobbiamo fare, tutt’altra cosa è sapere come farlo.
Si viene spesso a creare un circolo vizioso tra dermatosi, emozioni e comportamento: lo scambio medico-paziente perde efficacia, l’aderenza alla terapia non è ottimale, la situazione si auto-perpetua alimentata, tra l’altro, da aspettative inappropriate grazie alle “notizie” di scarsa qualità scientifica a disposizione di tutti noi. Inoltre, anche le informazioni corrette vengono sempre ricevute e filtrate dall’esperienza, dalla cultura e dalle aspettative di ciascuno: purtroppo, a volte il “bravo medico” è quello che ci dice quello che ci piace sentire... altre volte invece comprendiamo solo quello che ci piace comprendere...
L’informare e l’educare il paziente deve contemplare dunque anche una psico-educazione capace di intervenire in modo efficace sugli ostacoli che impediscono la buona riuscita di qualunque atto terapeutico. Il paziente non è un recipiente che riceve passivamente dei farmaci e dei consigli ma deve essere parte attiva affinché il processo di guarigione possa realizzarsi. La comprensione è indispensabile per una condivisione degli obiettivi.
Questo problema è particolarmente scottante nel paziente affetto da dermatosi a carattere cronico-recidivante, dove la partecipazione attiva da parte del malato stesso assume un ruolo molto importante; è necessario che il medico sia in grado di fornire l’indispensabile educazione terapeutica, al fine di permettere al paziente di poter comprendere, accettare e gestire al meglio la propria condizione.
Il dermatologo si trova dunque davanti ad una situazione complessa che rispecchia la complessità dell’essere umano: al di là di ciò che appare (la dermatosi), c’è anche altro (una persona)! Forse, per il malato, a volte il disagio provocato dalla dermatosi potrebbe essere una scelta obbligata rispetto ad un conflitto emotivo altrimenti difficilmente esprimibile e sostenibile.
I significati metaforici che la pelle ha, già a partire dal linguaggio comune, sono numerosissimi. Data la sua localizzazione e la sua funzione primaria protettiva, la prima immagine che la pelle ci provoca non può essere che quella di un involucro.
La pelle è davvero un contenitore che riesce a difenderci, staccandoci nettamente, dal mondo esterno. Essa è un organo di confine che separa ma che al tempo stesso ci mette in contatto con il mondo esterno grazie alle sue proprietà propriocettive.
Ma se le qualità della pelle fossero solo queste, allora essa sarebbe molto più somigliante ad una gabbia. Fortunatamente essa è ben altro. È anche e soprattutto un mezzo di comunicazione, è una delle porte che ci permette di manifestarci ed esprimerci nel mondo esteriore.
Ecco che allora il suo significato cambia radicalmente: la pelle diviene parte integrante del Sé, ne condivide istante per istante il presente mantenendo, nelle sue ferite e tra le sue pieghe, una memoria del passato. La nostra crescita sarà accompagnata dalla sua crescita e il nostro invecchiare si stamperà sulle sue rughe.
La comunicazione con l’esterno attraverso la pelle diviene così non solo possibile, ma addirittura ineliminabile. La pelle ostenta le emozioni più profonde: la paura, la felicità, la timidezza, la rabbia, il dolore, esplodono sulla pelle aldilà di ogni controllo. E ancora l’ansia, l’angoscia, l’agitazione, fanno la loro comparsa a dispetto di ogni circostanza o volontà: si pensi alla sudorazione, tanto per citare un esempio.
Dunque la pelle è un organo che riesce a trasmettere, oltre che ricevere.
La pelle è un’importante zona erogena che riesce a ricevere stimoli esogeni (non necessariamente di natura sessuale; ad esempio le sensazioni di freddo e di caldo) così come riesce anche a trasfonderli (ad esempio l’abbraccio).
Ma la comunicazione va ben oltre; la pelle diviene un oggetto figurato ed il suo significato si separa dall’immantinente, dal “hic et nunc”, per fluttuare liberamente nel semantico. La saggezza popolare come al solito viene in aiuto con degli esempi paradigmatici; il furfante diventa una pellaccia, il pignolo un rognoso, il tenace una pelle dura, e via discorrendo.
Tornando all’individuo, egli può dunque mandare informazioni all’esterno attraverso la pelle senza il bisogno di dover utilizzare la parola. Questa capacità è importantissima perché permette al soggetto di comunicare toutcourt, senza dover adattare il messaggio ad un sistema di simboli, qual è il linguaggio, che inevitabilmente lo altererebbe.
Inoltre può esprimersi in un modo alquanto vistoso, esibizionistico, offrendo così al mondo esterno la possibilità di conoscerlo ancor prima di entrarci in contatto; si pensi ai tatuaggi e i piercing.