3. L'importanza della prevenzione e dell'educazione del paziente
L’informare e l’educare il paziente deve contemplare dunque anche una psico-educazione capace di intervenire in modo efficace sugli ostacoli che impediscono la buona riuscita di qualunque atto terapeutico. Il paziente non è un recipiente che riceve passivamente dei farmaci e dei consigli ma deve essere parte attiva affinché il processo di guarigione possa realizzarsi. La comprensione è indispensabile per una condivisione degli obiettivi.
Questo problema è particolarmente scottante nel paziente affetto da dermatosi a carattere cronico-recidivante, dove la partecipazione attiva da parte del malato stesso assume un ruolo molto importante; è necessario che il medico sia in grado di fornire l’indispensabile educazione terapeutica, al fine di permettere al paziente di poter comprendere, accettare e gestire al meglio la propria condizione.
Il dermatologo si trova dunque davanti ad una situazione complessa che rispecchia la complessità dell’essere umano: al di là di ciò che appare (la dermatosi), c’è anche altro (una persona)! Forse, per il malato, a volte il disagio provocato dalla dermatosi potrebbe essere una scelta obbligata rispetto ad un conflitto emotivo altrimenti difficilmente esprimibile e sostenibile.
I significati metaforici che la pelle ha, già a partire dal linguaggio comune, sono numerosissimi. Data la sua localizzazione e la sua funzione primaria protettiva, la prima immagine che la pelle ci provoca non può essere che quella di un involucro.
4. La pelle: un ponte tra il mondo interno e quello esterno
La pelle è davvero un contenitore che riesce a difenderci, staccandoci nettamente, dal mondo esterno. Essa è un organo di confine che separa ma che al tempo stesso ci mette in contatto con il mondo esterno grazie alle sue proprietà propriocettive.
Ma se le qualità della pelle fossero solo queste, allora essa sarebbe molto più somigliante ad una gabbia. Fortunatamente essa è ben altro. È anche e soprattutto un mezzo di comunicazione, è una delle porte che ci permette di manifestarci ed esprimerci nel mondo esteriore.
Ecco che allora il suo significato cambia radicalmente: la pelle diviene parte integrante del Sé, ne condivide istante per istante il presente mantenendo, nelle sue ferite e tra le sue pieghe, una memoria del passato. La nostra crescita sarà accompagnata dalla sua crescita e il nostro invecchiare si stamperà sulle sue rughe.
La comunicazione con l’esterno attraverso la pelle diviene così non solo possibile, ma addirittura ineliminabile. La pelle ostenta le emozioni più profonde: la paura, la felicità, la timidezza, la rabbia, il dolore, esplodono sulla pelle aldilà di ogni controllo. E ancora l’ansia, l’angoscia, l’agitazione, fanno la loro comparsa a dispetto di ogni circostanza o volontà: si pensi alla sudorazione, tanto per citare un esempio.
Dunque la pelle è un organo che riesce a trasmettere, oltre che ricevere.
La pelle è un’importante zona erogena che riesce a ricevere stimoli esogeni (non necessariamente di natura sessuale; ad esempio le sensazioni di freddo e di caldo) così come riesce anche a trasfonderli (ad esempio l’abbraccio).
Ma la comunicazione va ben oltre; la pelle diviene un oggetto figurato ed il suo significato si separa dall’immantinente, dal “hic et nunc”, per fluttuare liberamente nel semantico. La saggezza popolare come al solito viene in aiuto con degli esempi paradigmatici; il furfante diventa una pellaccia, il pignolo un rognoso, il tenace una pelle dura, e via discorrendo.
Tornando all’individuo, egli può dunque mandare informazioni all’esterno attraverso la pelle senza il bisogno di dover utilizzare la parola. Questa capacità è importantissima perché permette al soggetto di comunicare toutcourt, senza dover adattare il messaggio ad un sistema di simboli, qual è il linguaggio, che inevitabilmente lo altererebbe.
Inoltre può esprimersi in un modo alquanto vistoso, esibizionistico, offrendo così al mondo esterno la possibilità di conoscerlo ancor prima di entrarci in contatto; si pensi ai tatuaggi e i piercing.
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