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Partiamo da una premessa: la prevenzione gioca sempre un ruolo fondamentale quando si parla di patologie o disturbi più o meno gravi. Prestare attenzione ed essere in grado di cogliere i primi segnali permette di prevenire il verificarsi di situazioni ben peggiori e di più difficile gestione. 

Negli articoli precedenti abbiamo affrontato e definito già cosa sono i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA). Vale però la pena soffermarsi su un tassello fondamentale che costituisce la presa in carico e il percorso di cura di tale psico-patologia: la sensibilizzazione e la prevenzione.

Prevenire è meglio che curare.

Perché è così importante?

Questa frase è uno fra i detti popolari più usati nella nostra società, ed è anche l'enunciato più attuale del nostro tempo. Insomma non possiamo non essere d'accordo, ecco perché non ci stancheremo mai di ripeterlo. Tuttavia, in alcuni casi, non è sempre facile capire cosa e come fare per prevenire: mancano le informazioni necessarie e talvolta alcune patologie sono anche poco conosciute. La domanda é: come posso prevenire qualcosa di cui non sono a conoscenza? 

Ecco perché in questo articolo della Dott.ssa Lobascio parleremo sia di sensibilizzazione che di prevenzione con un focus particolare: i disturbi del comportamento alimentare. 

Quali argomenti tratteremo? Qui trovate i principali:

  1. Prevenire: la comunicazione è fondamentale
  2. Il percorso educativo: come si struttura
  3. Il fattore centrale: l'adolescenza
  4. Prevenzione e DCA: come fare? 

1. Prevenire: la comunicazione è fondamentale

Lo abbiamo già sottolineato all'interno degli articoli precedenti, non solo quelli che riguardano il disturbo del comportamento alimentare, che una rapida presa in carico della patologia porta inevitabilmente ad una prognosi migliore, con alte percentuali di remissione completa, ma c’è dell’altro.

PARLARE. COMUNICARE. APRIRSI CON GLI ALTRI.

Non si parla mai abbastanza di queste psicopatologie, che finiscono nel dimenticatoio per poi ricomparire sulle testate giornalistiche solo quando la malattia vince sulla vita, quando è troppo tardi, quando le vite di chi ne soffre e dei loro familiari sono ineluttabilmente e irreparabilmente danneggiate.

La morte fa scalpore, più della vita.

È necessario mettere in circolo la parola, attivare e strutturare il dialogo, impegnarsi nel portare avanti interventi e iniziative volte alla prevenzione che puntino a parlare della vita, a riflettere su di essa, a promuovere la vita stessa.

Clinicamente, intendiamo l’attività preventiva come una qualsiasi attività mirata a ridurre morbilità, ossia la frequenza percentuale di una malattia, e mortalità correlate ad una patologia.

Tre sono i livelli di prevenzione:

  1. Livello primario nel caso di interventi indirizzati ai fattori di rischio per impedire o ridurre l’insorgenza o lo sviluppo della patologia;
  2. Livello secondario qualora l’obiettivo fosse quello di prevenire la progressione della patologia e ridurre gli effetti negativi causati dalla stessa, accorciando il tempo che intercorre tra esordio e richiesta d’aiuto;
  3. Livello terziario quando si mirasse a ridurre l’impatto negativo di una malattia già conclamata e in corso, programmi di riabilitazione diretti a ridurre i deficit permanenti provocati da una malattia o, almeno, a contrastarne la progressione e a sviluppare le capacità funzionali residue.

Si interviene, quindi, sui fattori di rischio, sulla diagnosi precoce e sul ricorso tempestivo alla cura ed infine sulla gestione della cronicità. Non sono interventi semplici, e per questo devono essere pensati e strutturati in base alle necessità del richiedente, al contesto socio culturale di appartenenza, alla fascia di età, ai bisogni esplicitati e in base alla disponibilità di partecipazione dell’utenza.

Conferenza per prevenire

2. Il percorso educativo: come si struttura

Quando parliamo di interventi mirati all'attività di sensibilizzazione e di prevenzione rispetto a determinate tematiche è fondamentale considerare anche il contesto scolastico: sensibilizzare insegnanti, famiglie e studenti e aiutarli a conoscere una patologia e le sue manifestazioni, significa metterli in condizione di poter riconoscere per tempo i primi segnali di allarme e cogliere, di conseguenza, le richieste di aiuto, soprattutto quando non sono evidenti. Fare prevenzione significa aiutare le persone a fornire risposte efficaci e tempestive

Per ogni persona è necessario pensare un progetto specifico, unico.

Scegliere di svolgere eventi e iniziative di prevenzione all'interno delle scuole è significativo, poiché la scuola è il luogo prioritario d’incontro tra i giovani, ma anche il luogo in cui adulti e ragazzi si trovano a potersi confrontare e dar spazio alle proprie idee, ai propri pensieri, alle proprie paure.

È questo che fa degli incontri di prevenzione nelle scuole un asset di straordinaria potenza. È dunque limitante strutturare l’intervento svolgendo “lezioni informative”, meglio pensare a incontri di gruppo tenuti e condotti da esperti, caratterizzati dalla condivisione di informazioni ed esperienze circa le caratteristiche del disagio. Un momento di confronto durante il quale si mettono al centro informazioni, esperienze, dubbi e domande in primis degli studenti. 

Gli incontri sono cosi strutturati:

  1. Si parte sempre dalle conoscenze dei ragazzi stessi;
  2. Si ridefiniscono le competenze in base alle nozioni cliniche. I punti di vista dei ragazzi diventano il punto centrale dell’intervento;
  3. Bisogna dare ampia risonanza alle idee e alle opinioni dei ragazzi, valorizzandone il contributo;
  4. Non solo, è necessario soffermarsi a lungo sulle emozioni scaturite, sulle paure, sul senso di cambiamento che li investe.

Seguendo una logica che vede negli aspetti eziopatogenetici, che studia le cause di una malattie e i relativi meccanismi di azione, componenti multifattoriali, si va a sottolineare gli agenti socio-culturali. Con questo meccanismo si va ad attivare il dialogo attorno a immagini maschili e femminili stereotipate che esulano dal rapporto con l’altro e che vedono nell’adolescenza un terreno fertile all’insorgenza di molteplici disagi.

3. Il fattore centrale: l'adolescenza

L’adolescenza è un momento molto particolare, spesso caratterizzato da un “periodo di crisi”, in cui, oltre ai cambiamenti fisici che ogni ragazzo ed ogni ragazza deve affrontare, si aggiungono quelli più prettamente psichici. Il processo di crescita investe il rapporto con se stessi e con il mondo circostante: inizia il processo di definizione della propria identità attraverso la ridefinizione del rapporto con le figure genitoriali e di ricerca della propria autonomia nel rapporto con i pari.

In tale scenario, il corpo è il protagonista. Un corpo curato, lucidato, scolpito, un corpo-oggetto è il contesto in cui vanno a canalizzarsi le preoccupazioni, le emozioni, le ansie e le paure predominanti di tale periodo. Così, si utilizza il fisico a proprio piacimento, cercando di renderlo magari più muscoloso, di modificarlo, di snellirlo.

Il corpo diviene il canale di qualcosa che è altro, dà voce al disagio di un’epoca

Non solo, ma anche l’isolamento sociale diviene un fattore di rischio che si interseca bene con le difficoltà adolescenziali e porta i soggetti, gli adolescenti, ad incanalare la sofferenza nel proprio corpo, escludendo ogni possibilità di condivisione del dolore.

Negli incontri di prevenzione con i ragazzi è perciò importante affrontare le emozioni, la paura delle relazioni, dei legami, dell’altro, che spesso porta a costruire un’immagine di sé poco autentica, ma allo stesso tempo porta anche a fortificare in se stessi, a sentirsi vulnerabili e a rifiutarlo categoricamente, perché è visto come un simbolo, un segno di debolezza inammissibile.

Anche il tema del bullismo, le dinamiche di onnipotenza e l’assenza di limiti e confini che caratterizza la relazione con l’altro sono tematiche importanti e spesso legate fra loro. Conoscere e trattare anche la tematica della dipendenza, i siti PRO-ANA E PRO-MIA, risulta essere un argomento centrale. Nel caso dei numerosi blog pro-Ana e pro- Mia, i soggetti che soffrono di Disturbi Alimentari si sostengono reciprocamente condividendo regole, consigli e trucchi su come ridurre la quantità di calorie ingerite e nascondere il proprio deperimento. Gli adolescenti sono i primi ad essere attratti da questi siti in quanto possono ritrovarvi le proprie difficoltà e utilizzare la realtà virtuale per rispondere, in modo disfunzionale, al proprio disagio.

Per rendere completo un intervento di prevenzione non basta parlare ai ragazzi e con i ragazzi, ma anche con gli insegnanti, e coinvolgere possibilmente anche i trainer. Tutte queste figure chiave devono essere formate in modo adeguato al fine di poter riconoscere e rispondere ai primi segnali che caratterizzano la manifestazione di un disturbo alimentare.

Agli insegnanti è affidato il compito non di sostituirsi ad un intervento terapeutico, ma di vigilare e ascoltare le richieste di aiuto dei propri studenti, facendosi anello di congiunzione tra questi, il contesto familiare e i professionisti della salute. All’interno di un complesso lavoro in équipe resta comunque centrale il ruolo dei docenti anche nel far capire che queste sono patologie delle quali non ci si deve vergognare, che bisogna affrontare e combattere, perché si possono curare.

Incontri scolastici di prevenzione

4. Prevenzione e DCA: come fare?

È possibile fare prevenzione dei Disturbi Alimentari in numerosi modi.

Le tante campagne di prevenzione del disagio giovanile, falliscono il loro scopo nel momento stesso in cui diventano informazione di esperti piuttosto che dialogo, confronto sugli ideali da condividere, sulla strada da percorrere, sul linguaggio da adottare.

Importante è il dialogo

Con le conoscenze corrette e appropriate sul tema dei DCA è possibile veicolare messaggi più adeguati attraverso una vera e propria comunicazione sociale. In questo modo i fattori di rischio e la probabilità di diffusione della patologia possono essere trasformati in fattori preventivi che contribuiscono realmente a ridurre un problema di rilevanza sociale attraverso una comunicazione responsabile.

Ecco perché è fondamentale parlare di queste tematiche, sensibilizzare le persone e metterle nella condizione di poter riconoscere i segnali e rispondere correttamente, confrontandosi con le figure professionali che possono affiancare la persone e aiutarla a vincere questa sfida!


Dott.ssa Giuliana Lobascio

Autore

Dott.ssa Giuliana Lobascio

Psicologa Clinica e delle Relazioni Familiari, Psicoterapeuta Sistemico Relazionale. Oltre l’attività di libero professionista, che esercita presso il proprio studio privato, si occupa di interventi di prevenzione nelle scuole e collabora con il centro ABA di Milano per il trattamento del disagio alimentare e del trauma.