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È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio, diceva Einstein. 

E purtroppo, quando si parla di temi così delicati come la questione del proprio libero arbitrio nella scelta di come morire, i pregiudizi dominano la scena. 

In questo articolo vogliamo cercare di fare un po’ di ordine in materia di suicidio assistito e autodeterminazione del fine vita: ci sono dei cambiamenti in atto ed è giusto esserne consapevoli. Parleremo di:

- Suicidio assistito: il tema della qualità della vita
- Eutanasia e suicidio assistito: non sono sinonimi
- Suicidio assistito ed eutanasia in Italia: cosa dice la legge

 

Suicidio assistito: il tema della qualità della vita

Sappiamo tutti cosa significa qualità della vita?

Proviamo per un istante a immaginare la nostra: forse non siamo i più ricchi, i più famosi o i più soddisfatti, ma fino a quando siamo indipendenti nelle nostre volontà, siamo liberi. Liberi di uscire a fare due passi, di stare seduti sul divano a guardare un film, liberi di fare le cose più semplici come grattarci il naso se ci prude, allungare un braccio per accarezzare il cane…

La libertà è un valore di difficile identificazione, perché la si riconosce solamente quando non c’è. 

Immaginiamo ora di perdere la libertà del nostro corpo: di restare vittima di un processo per il quale la mente è viva, ma il resto non reagisce più agli stimoli. Non possiamo camminare, non possiamo muovere nessuna parte del corpo, non possiamo nemmeno parlare. Siamo costretti in un letto, inermi, tenuti in vita con l’ausilio di macchinari, senza prospettive di miglioramento. Tutti i giorni, fino a quando anche il corpo si arrenderà al tempo che passa.

Ognuno, in un caso come questo, dovrebbe essere libero di poter decidere se la qualità di vita in condizioni così drammatiche gli si addice oppure no. Ognuno, così come è libero di poter scegliere come vivere, dovrebbe poter scegliere come morire, dovrebbe poter scegliere la propria libertà. 

Ecco dunque che si arriva al tema del suicidio assistito, due parole che non hanno un bel suono, che non ci restituiscono una bella immagine, ma che rappresentano un importante atto di autodeterminazione. 

 

carrozzella in riva all'acqua

 

Eutanasia e suicidio assistito: non sono sinonimi

Quando una persona versa in uno stato di malattia irreversibile che produce gravi sofferenze fisiche o psicologiche, ed è tenuto in vita grazie a presidi medici in assenza dei quali andrebbe incontro, sia pure in modo lento e doloroso per sé e per i suoi cari, alla fine della propria esistenza, questa persona dovrebbe poter essere libera di porre fine alla propria condizione di vita: si parla di eutanasia e suicidio assistito, ma i due termini non sono sinonimi. 

Con l’eutanasia, il personale sanitario ha un ruolo determinante in quanto è un medico che deve intervenire: si parla di eutanasia passiva quando si sospendono le cure o si spengono i macchinari che tengono in vita; si parla invece di eutanasia attiva quando il medico deve somministrare dei farmaci per porre fine alle condizioni della persona. 

Per il suicidio assistito, invece, è la persona malata che assume in autonomia il farmaco per porre fine alla propria condizione.  

 

sedia vuota

Libertà significa non solo decidere come vivere, ma anche come andarsene. 

 

Suicidio assistito ed eutanasia in Italia: cosa dice la legge

Secondo l’organizzazione Biodiritto, in Italia la normativa è composta dal testo di legge in materia di “consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento”, la legge n. 219 del 2017. Questa “tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata”. 

Di fatto, la Costituzione riconosce che nessuno può essere obbligato ad alcun trattamento sanitario contro la propria volontà e prevede altresì che la libertà personale è inviolabile. Con sentenza 242/2019 la Corte costituzionale, grazie alla disobbedienza civile di Marco Cappato per l’aiuto fornito a Dj Fabo, ha riconosciuto anche il diritto al suicidio medicalmente assistito per le persone che ne formulino richiesta in piena lucidità, con le condizioni di patologia irreversibile di cui abbiamo scritto al paragrafo precedente.

La Corte ha infatti stabilito che, a determinate condizioni, l’assistenza al suicidio non è punibile e che la pratica di assistenza al suicidio non è equiparabile all’istigazione al suicidio.

 

suicidio assistito - Dj Fabo e Marco Cappato

Dj Fabo, la fidanzata Valeria e l'amico Marco Cappato.

 

Sulla base di questa sentenza, a novembre 2021 - dopo una lunga trafila - il comitato etico dell’azienda sanitaria delle Marche ha autorizzato il suicidio assistito di Mario, nome di fantasia di un paziente tetraplegico che versa da dieci anni in uno stato irreversibile. 

Per quanto riguarda l’eutanasia, da gennaio 2018 quella passiva è regolata dalla legge sul testamento biologico.

L’eutanasia attiva è invece alla base della proposta di un referendum per cui a ottobre 2021 sono state depositate alla Corte di Cassazione più di un milione di firme. Tale referendum chiede di abrogare una parte dell’articolo 579 del codice penale, quello che punisce l’omicidio del consenziente da 6 a 15 anni, salvo specifiche condizioni che rimarranno punibili, e cioè se il fatto è commesso contro una persona incapace di intendere e volere, contro una persona il cui consenso sia stato estorto con violenza o minaccia, o contro un minore di diciotto anni.

Si tratta dunque, come è scritto nell’introduzione di questo articolo, di mettere da parte i pregiudizi, soprattutto se sospinti da convinzioni religiose.

Si tratta di restituire la libertà alle persone: libertà non è solo scegliere come vivere, ma anche porre fine alla nostra condizione nel momento in cui di “vita” rimane ben poco.

 

Le nostre dure esistenze non hanno certo bisogno degli anatemi dei fondamentalisti religiosi, ma del silenzio della libertà, che è democrazia.

Luca Coscioni 

 

 


Ihealthyou Redazione

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