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Allergia e intolleranza sono due termini che spesso vengono confusi, ma che sottintendono patologie profondamente diverse. Si tratta di malattie in drammatico aumento nella popolazione mondiale e che possono avere un’influenza negativa sulla qualità di vita dei pazienti. Poiché le intolleranze sono soprattutto reazioni che si sviluppano verso il cibo, in questo articolo ci focalizzeremo sulle differenze tra allergia e intolleranza alimentare

Ecco che cosa troverai in questo articolo:

  1. Allergia e intolleranza: sono la stessa cosa?
  2. Come distinguere allergia da intolleranza?
  3. Allergia o intolleranza: come si diagnosticano?
  4. Come si curano allergie o intolleranze?

Gruppo di alimenti che costituiscono allergeni comuni

1. Allergia e intolleranza: sono la stessa cosa?

Allergia e intolleranza alimentare non sono la stessa cosa: la prima è una reazione del sistema immunitario, mentre la seconda interessa l’apparato digerente

Nel caso dell’allergia alimentare, anche piccolissime quantità dell’allergene, ovvero l’elemento verso il quale si è allergici, può causare una reazione violenta da parte del sistema immunitario (reazione anafilattica), che può portare alla morte. Le ragioni alla base dell’iper-reattività del sistema immunitario, non sono del tutto chiare ed è anche sconosciuto  il motivo per cui alcuni cibi hanno maggiore probabilità di scatenare una reazione allergica rispetto ad altri.

Nel caso dell’intolleranza alimentare, invece, la reazione è molto più contenuta e le conseguenze non sono quasi mai fatali. I sintomi, in questo caso, sono la conseguenza del fatto che il corpo non riesce a digerire correttamente alcuni cibi.1,2,3 Ad oggi, le intolleranze scientificamente riconosciute sono: intolleranza al lattosio (zucchero contenuto nel latte), quella al fruttosio (zucchero semplice contenuto in frutta e verdura) e quella al glutine (altresì chiamata celiachia, una malattia autoimmune). 

Bambina intollerante al lattosio con mal di pancia causato dal latte

 

Questo non significa che una persona non possa sviluppare un’intolleranza verso altri alimenti o a specifici componenti alimentari come, ad esempio, a sostanze ad azione vasoattiva. Tra questi troviamo:

  • tiramina: contenuta in formaggi stagionati, vino, birra e alimenti affumicati;
  • caffeina: contenuta in the, caffè e bevande;
  • solfiti: contenuti in vini ma utilizzati anche come conservanti;
  • conservanti, coloranti e additivi alimentari.

In questo ultimo caso, però, è ancor più importante affidarsi ad un professionista della salute per identificare i fattori scatenanti ed, eventualmente, escludere altre cause sottostanti i propri sintomi.

2. Come distinguere allergia da intolleranza?

I sintomi di allergia e intolleranza alimentare sono diversi, pur presentando alcune similitudini per quanto riguarda sintomi gastro-intestinali.

Nel caso di allergia alimentare, i sintomi più comuni sono:

  • vertigini o capogiri;
  • prurito cutaneo con rossore;
  • rigonfiamento delle labbra, della zona intorno agli occhi e della faccia;
  • tosse, starnuti, senso di mancanza d’aria;
  • senso di malessere generale;
  • nausea;
  • diarrea.1

Uomo che regge un piatto di arachidi che mostra evidenti segni di reazione allergica

Mentre, i sintomi più frequenti in caso di intolleranza alimentare sono: 

  • diarrea;
  • gonfiore;
  • meteorismo (accumulo di gas nel tratto intestinale);
  • dolore addominale.2

3. Allergia o intolleranza: come si diagnosticano?

Allergie e intolleranze alimentari possono essere diagnosticate attraverso test specifici, che, a seconda dei casi, possono fornire indicazioni più o meno determinanti per la diagnosi, che deve essere effettuata da un medico allergologo.

I test diagnostici per quanto riguarda le allergie alimentari comprendono:

  • prick test: si tratta di un test durante il quale alcune gocce di allergene vengono posizionate sull’avambraccio del paziente e, successivamente, la cute viene scalfita per verificare sviluppo di pomfi, segno tipico di allergia.. In caso di positività al prick test si eseguono esami più specifici;
  • esami del sangue: per la rilevazione e/o quantificazione degli anticorpi (Immunoglobuline G) circolanti nel sangue, che vengono creati dall’organismo in seguito all’esposizione del paziente nei confronti dell’allergene che scatena la risposta immunitaria e la reazione anafilattica;
  • regime alimentare privo dell’allergene sospetto, per verificare se, in caso di rimozione dell’allergene dalla propria dieta, vi è, o meno, un miglioramento dei sintomi;
  • test di provocazione orale: l’esame consiste nella somministrazione diretta dell’allergene sospetto per via orale. Il paziente viene successivamente tenuto in osservazione per alcune ore e i sintomi sospetti vengono registrati ed analizzati.1

Per approfondire, ti invitiamo a leggere il nostro articolo “I costi dei test per le allergie alimentari”.

Close up di un braccio su cui viene eseguito il prick test

Invece, nel caso delle intolleranze alimentari, i test diagnostici che possono essere utilizzati sono: 

  • regime dietetico che prevede l’esclusione ad hoc del cibo sospetto per un determinato periodo di tempo, per valutare se i sintomi svaniscono. Dopodiché, l'allergene viene reintrodotto e si valuta se i sintomi si ripresentino o meno;
  • esami del sangue specifici per il tipo di intolleranza sospetta anche chiamato test dei 108 alimenti;
  • breath test: per la rilevazione nel fiato dei gas derivanti dalla digestione difettosa di lattosio o fruttosio, che accade in caso di intolleranza.2

Uno strumento che può essere utile è il “diario alimentare”: poiché i sintomi delle intolleranze sono meno evidenti e severi rispetto ad un’allergia, tenere traccia dei fastidi gastrointestinali, e di ciò che si mangia, può essere un valido alleato nel percorso diagnostico. 

Attenzione, però, sempre più persone quando sviluppano sintomi gastrointestinali che perdurano nel tempo tendono ad auto-diagnosticarsi intolleranze alimentari soprattutto ricorrendo a test, talvolta reperibili online o in erboristeria anche a cifre proibitive, che non hanno alcuna validità scientifica. Tra questi, i più diffusi sono: 

  • test elettrodermici o di biorisonanza, basati sull’ipotesi che il potenziale elettrico, o le onde elettromagnetiche, emessi della pelle cambino a contatto con alimenti tossici;
  • kinesiologia applicata, basata sull’idea che un soggetto perda forza negli arti tenendo in mano una boccetta contenente l’alimento nocivo;
  • analisi del capello, secondo cui l’accumulo di metalli pesanti, rilevabile nel capello, sarebbe direttamente proporzionale alla tossicità alimentare;
  • pulse test, basato sull’ipotesi che un alimento a cui si è intolleranti sarebbe in grado di modificare la frequenza cardiaca di almeno 10 battiti al minuto.

In altre parole, la diagnosi di intolleranza, al pari di quella di un’allergia, deve essere eseguita da uno/a specialista

Medico che mostra una provetta di sangue su cui verranno testate le intolleranze alimentari

4. Come si curano allergie o intolleranze?

Ad oggi, non esiste una cura definitiva per allergie o intolleranze ed esse tendono ad essere patologie che persistono per l’intera vita del paziente

Tuttavia, per quanto riguarda il trattamento delle allergie alimentari, sono in corso numerosi studi e trial clinici, atti a determinare l’efficacia dei cosiddetti trattamenti desensibilizzanti o immunoterapia orale. L’obiettivo di questi trattamenti è somministrare quotidianamente dosi microscopiche di allergene, in forma liofilizzata, per “abituare” il sistema immunitario all’esposizione ed evitare le crisi allergiche. Il primo trattamento desensibilizzante per l’allergia nei confronti delle arachidi è stato approvato nel 2020.3

In termini di trattamento delle intolleranze alimentari, purtroppo, non esiste una cura risolutiva. L’unico modo per evitare l’insorgenza dei sintomi intestinali è limitare l’assunzione dell’allergene verso il quale si è intolleranti, all’interno della propria dieta. In alcuni casi ristretti, si possono assumere enzimi digestivi per facilitare la digestione (es. intolleranza al lattosio).

È inoltre importante sottolineare che, in caso di intolleranza alimentare, ogni individuo ha una propria soglia di tollerabilità nei confronti di un determinato cibo, quindi, piccole quantità possono spesso essere consumate, o reintrodotte, senza incorrere nei fastidiosi sintomi gastrointestinali. Il rischio della completa eliminazione di uno o più alimenti, infatti, potrebbe favorire un miglioramento dei sintomi solo temporaneo e causare deficit nutrizionali. Pertanto, nel caso si abbia il sospetto di avere un’intolleranza alimentare è essenziale non ricorrere a regimi dietetici ”fai-da-te”, ma rivolgersi ad un medico per una corretta diagnosi e ad un medico nutrizionista o dietista per la formulazione del piano nutrizionale terapeutico.

Bibliografia

  1. NHS, Food intolerance (Ultimo accesso 18.04.23)
  2. NHS, Food allergy (Ultimo accesso 18.04.23)
  3. Gargano D, Appanna R, Santonicola A, De Bartolomeis F, Stellato C, Cianferoni A, Casolaro V, Iovino P. Food Allergy and Intolerance: A Narrative Review on Nutritional Concerns. Nutrients. 2021 May 13;13(5):1638. doi: 10.3390/nu13051638. PMID: 34068047; PMCID: PMC8152468.
  4. Sindher SB, Long A, Chin AR, Hy A, Sampath V, Nadeau KC, Chinthrajah RS. Food allergy, mechanisms, diagnosis and treatment: Innovation through a multi-targeted approach. Allergy. 2022 Oct;77(10):2937-2948. doi: 10.1111/all.15418. Epub 2022 Jul 8. PMID: 35730331.




Dott.ssa Giulia Boschi
Autore

Dott.ssa Giulia Boschi

PhD student in immunologia e medical writer, si occupa di ricerca biomedica e comunicazione medico-scientifica in ambito healthcare.